Il più grande mistero della fisica

Amir D. AczelEntanglement. Il più grande mistero della fisica Raffaello Cortina Editore, 2004pp. 260, euro 21,00“È possibile che qualcosa che accade qui possa istantaneamente far sì che qualcos’altro accada molto lontano?”. Con questa domanda si apre il libro di Amir D. Aczel, dedicato alla storia scientifica del più stupefacente fenomeno del mondo subatomico: l’entanglement, ovvero il fenomeno per cui due particelle che si incontrano e interagiscono, anche brevemente, rimangono misteriosamente “legate” una volta separate da grandi distanze. Tanto che modificando una delle due anche l’altra, magari a migliaia di chilometri di distanza, subisce la stessa modificazione.L’autore, matematico e docente al Bentley College nel Massachusetts, è specializzato nel racconto di grandi problemi della fisica e della matematica, e si è già dedicato alla storia dei tentativi di dimostrazione del Teorema di Fermat, alla costante cosmologica e al concetto di infinito. Qui racconta la comparsa e l’evoluzione di un problema teorico e sperimentale che è, in un certo senso, l’essenza stessa della meccanica quantistica. Proprio in polemica con la formulazione di questa teoria, che vuole che le leggi della fisica classica a livello subatomico non valgano più, nasceva un celebre articolo scritto nel 1934 da Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen; in cui i tre dimostravano per via matematica che le leggi della meccanica quantistica conducevano a quello che sembrava un evidente paradosso. Se due particelle interagiscono per un breve periodo di tempo, esisterà una funzione d’onda che descrive questa interazione. Ma ipotizziamo che le due particelle si separino, e che in seguito si effettui una misurazione, per esempio della posizione, su una delle due. Per il principio di indeterminazione formulato da Heinsberg, questa misura modificherà lo stato della prima particella. Ma poiché esiste ancora quella funzione unica che lega le due particelle, anche lo stato della seconda, finita nel frattempo chissà dove, dovrebbe modificarsi. Eppure esse non possono più interagire in alcun modo. Davvero paradossale. Salvo che nel corso degli anni Settanta una serie di esperimenti (basati su un geniale lavoro teorico dell’irlandese John Bell, che aveva scovato alcune pecche del ragionamento di Einstein) dimostrò che è esattamente così che vanno le cose. Poiché l’entanglement è, nelle parole di Erwin Schrödinger, “non un tratto, ma il tratto distintivo della meccanica quantistica”, con esso si sono cimentati e scontrati tutti i principali protagonisti di questa rivoluzione scientifica. E così, nel libro, alla storia degli esperimenti si incrociano le biografie dei più grandi matematici e fisici del secolo appena concluso. Da Max Planck a Niels Bohr, da Werner Heisenberg a Albert Einstein, fino a John Neumann e Richard Feynmann. C’è anche spazio, nel finale, per i tentativi di applicazione pratica del problema dell’entanglement: gli esperimenti, iniziati negli anni Novanta, di teletrasporto quantistico, che hanno visto tra i protagonisti Francesco de Martini all’Università di Roma. La sfida è quella di trasferire informazione tra particelle lontane sfruttando il loro legame, e potrebbe portare a nuova generazione di computer.

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