Il plasmodio portato dal gorilla

Se quello della malaria fosse un caso giudiziario, al banco degli imputati oggi siederebbe il gorilla. Le prove che lo incastrerebbero si trovano in uno studio pubblicato su Nature, in cui un gruppo di ricerca coordinato da Weimin Liu della University of Alabama (Usa) dichiara che a trasmettere la malaria all’essere umano non furono gli scimpanzè o i nostri antichi progenitori, bensì i gorilla.

La malaria è una malattia del sangue causata da parassiti del genere Plasmodium. Delle cinque specie che infettano l’essere umano, il P. falciparum è la più pericolosa, causa di oltre un milione di morti ogni anno. La sua origine e la sua evoluzione non sono ancora chiari: una delle ipotesi più accreditate vede nel P. reichenowi, il plasmodio che trasmette la malaria agli scimpanzè, il parente geneticamente più vicino al P. falciparum. Ciò può significare che il parassita sia stato trasmesso all’essere umano dallo scimpanzè, o che la malattia fosse già presente nei nostri progenitori. In quest’ultimo caso, il cammino evolutivo di reichenowi e falciparum si sarebbe diviso circa 5-7 milioni di anni fa, quando scimpanzè e uomini si separarono dal loro comune antenato.

Ma negli ultimi anni, specie geneticamente affini al P. falciparum sono state isolate anche da gorilla e bonobo, sollevando il dubbio che a contagiare l’essere umano siano state scimmie antropomorfe diverse dagli scimpanzè. Per scoprirlo, i ricercatori hanno raccolto quasi 3.000 campioni fecali di gorilla, bonobo e scimpanzè al fine di studiare il genoma dei parassiti in essi presenti. Successivamente, hanno analizzato oltre 1.100 sequenze genetiche del Dna di 135 primati per associare a ogni ospite il proprio parassita. Si è così scoperto che solo gli scimpanzè e i gorilla dell’Africa Centro-Occidentale erano infetti, e che le linee geneticamente più vicine al P. falciparum sono quelle isolate dai gorilla.  

Questo risultato sembra dimostrare che la malaria ci sia stata trasmessa dai gorilla. Una conclusione che impedisce di stabilire con certezza il momento in cui il plasmodio è saltato da una specie all’altra. Altro problema sarà capire se i gorilla rappresentano un “serbatoio” naturale di malaria, ovvero se con il tempo e l’accumularsi di mutazioni genetiche il plasmodio del gorilla riuscirà un giorno a infettare anche gli esseri umani.

Riferimento: Nature doi:10.1038/news.2010.486

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