Il risveglio di Awu e Bromo

Negli ultimi cento anni, i 128 vulcani attivi dell’Indonesia, dislocati da Sumatra a Celebes, avrebbero causato con le eruzioni circa 200.000 vittime. Le “Montagne di fuoco” (così i vulcani vengono chiamati dagli indigeni) rappresentano sia il bene che il male nell’eterno conflitto cosmico che si riproduce suggestivamente nelle danze tradizionali di questo popolo. Due “Montagne di fuoco”, Awu e Bromo, si sono risvegliate, diventando minacciose: ventimila persone (secondo le cronache locali) sono state evacuate e due turisti sono morti. In Indonesia questo risveglio, naturalmente, sta provocando non poca apprensione. Abbiamo chiesto lumi al vulcanologo italiano Piergiorgio Scarlato dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Cosa sta succedendo in Indonesia?”I vulcani indonesiani sono generalmente esplosivi e danno luogo a eruzioni con formazione di flussi piroclastici. Tra le cinque eruzioni più energetiche della storia due sono avvenute in Indonesia: al Tambora nel 1815 e al Krakatoa nel 1883. Il Tambora eruttò 150 chilometri cubi di materiali, il Krakatoa 18. Nel caso del Krakatoa l’eruzione causò anche la formazione di un’onda di maremoto alta in alcuni punti oltre trenta metri”. Esiste un collegamento fra l’eruzione contemporanea dei due vulcani?”Il chimismo dei magmi indonesiani è generalmente di tipo andesitico, tipico dei vulcani situati in prossimità dei margini di zolle dove una zolla, in questo caso quella australiana, si scontra e finisce sotto un’altra, nello specifico quella asiatica. Il motore che determina l’esistenza di questi vulcani quindi è lo stesso, ma è una coincidenza il fatto che entrambi entrino in eruzione nello stesso momento. Infatti se è vero che i magmi si originano a profondità comparabili, le aree geografiche dove si formano e le vie che percorrono verso la superficie sono molto diverse e distanti”.C’è in Indonesia una efficiente rete di monitoraggio dei vulcani?”Il monitoraggio è affidato al Vsi, il Volcanological Survey of Indonesia. A causa dell’alto numero di vulcani da tenere sotto controllo, solo quelli che sorgono vicino a importanti centri abitati godono di una buona rete di monitoraggio. In genere però sui vulcani minori esiste almeno un addetto (observer) che controlla visivamente lo stato del vulcano e verifica le registrazioni sismiche di uno o due sismografi posti sul vulcano. Non è il caso dei due vulcani in questione, che sono monitorati in misura maggiore anche se non al livello dei vulcani italiani. Nel 2000 un gruppo di scienziati, mentre si trovavano in Indonesia per partecipare a un congresso internazionale di vulcanologia, è rimasto vittima di un’esplosione durante una visita nella zona sommatale del vulcano Semeru. E in quella occasione, nei giorni precedenti, anche io con alcuni colleghi avevamo visitato sia il Semeru che il Bromo. Le popolazioni che vivono alle pendici di questi vulcani vengono spesso evacuate preventivamente anche per un altro motivo: queste zone sono molto piovose e i prodotti eruttati (ceneri, lapilli e blocchi) che cadono in terra possono essere presi in carico dall’acqua formando colate di fango o vere e proprie valanghe che prendono il nome di lahar (termine indonesiano). Queste sono estremamente veloci e distruttive, specie per quelle aree dove i villaggi sono costruiti in legno, spesso su palafitte e possono avvenire anche a distanza di tempo dalla fine dell’eruzione”.A livello ambientale, violente eruzioni come quelle avvenute in Indonesia possono avere ripercussioni?”Come avvenuto nel 1993 con l’eruzione del Pinatubo nelle Filippine è possibile che una forte eruzione di questi vulcani possa provocare un abbassamento della temperatura nei mesi successivi di uno o due gradi in tutta la fascia subtropicale. Ma non siamo arrivati a questo punto. A questo proposito il 1815, anno dell’eruzione del Tambora, è ricordato come l’anno senza Sole in quella fascia”.

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