Categorie: Spazio

Il soffio violentissimo dei buchi neri

Un soffio potentissimo si aggira per l’Universo. Altro che le raffiche di bora: il vento stellare appena scoperto da un’équipe internazionale di ricercatori, tra cui gli italiani Massimo Cappi e Alessandra De Rosa dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e Stefano Bianchi e Giorgio Matt dell’Università degli Studi Roma Tre, si propaga alla bellezza di 18 milioni di chilometri orari, oscurando gran parte del buco nero supermassivo da cui fuoriesce, nel cuore della galassia Ngc 5548. Come raccontano gli scienziati su Science, quest’osservazione conferma le teorie che prevedono l’espulsione di potenti venti di gas e polveri ad alta velocità da parte delle zone centrali dei nuclei galattici attivi: oltre a essere di interesse per comprendere meglio i meccanismi di funzionamento dei buchi neri, questi processi potrebbero anche avere un ruolo determinante nella complessa interazione tra gli oggetti spaziali supermassivi e le galassie che li ospitano.

All’origine del fenomeno c’è il fortissimo campo gravitazionale generato dai buchi neri. La materia che vi è attratta dentro, infatti, si surriscalda al punto da emettere raggi X e radiazione ultravioletta, che può produrre getti di gas in uscita: “Tali ‘venti’ possono essere così intensi da spazzare via parte del gas circostante il buco nero, che altrimenti vi sarebbe precipitato”, spiega Cappi. “Affinché il vento si formi, il gas che viene espulso non deve essere troppo caldo, ed è quindi necessario che qualcosa lo protegga dai raggi X emessi dalle zone prossime al nucleo della galassia attiva. Queste osservazioni ci permettono di capire meglio come funzionano i buchi neri che, paradossalmente e misteriosamente, non solo attraggono la materia che li circonda, ma ne accelerano ed espellono una parte, anche ad alte velocità”.

Gli scienziati hanno ricavato i dati sfruttando e integrando le informazioni provenienti da diversi telescopi, sia spaziali (Xmm-Newton, Hubble Space Telescope, Swift, NuStar, Chandra, Integral) che di terra. La campagna osservativa, guidata da Jelle Kaastra dell’Istituto olandese per le ricerche spaziali (Sron), è durata oltre un anno e ha messo in evidenza alcuni profondi cambiamenti nel nucleo attivo della galassia Ngc 5548 rispetto agli stessi dati raccolti nel 2011. I ricercatori, infatti, hanno notato che nella zona centrale della galassia ora sono presenti tracce di gas più freddo rispetto al passato. Secondo gli scienziati, il fenomeno è dovuto senza dubbio a un nuovo flusso di gas espulso dal disco di accrescimento ruotante attorno al buco nero – nuovo rispetto a un getto più debole già osservato in passato: “Il nuovo vento raggiunge una velocità di 5mila chilometri al secondo, ovvero 18 milioni di chilometri orari”, spiega Kaastra, “ed è molto più vicino al nucleo rispetto all’altro. Questo flusso di gas blocca il 90% della radiazione X che proviene dalle regioni più interne del buco nero e oscura fino a un terzo della regione che emette radiazione ultravioletta, a pochi giorni-luce dal buco nero”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Misty Bentz

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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