In principio fu l’universo-membrana

Nella teoria cosmologica standard il Big Bang è considerato l’inizio di ogni cosa, spazio e tempo compresi. In quell’istante iniziale, l’intero Universo era concentrato in un punto di densità infinita: una situazione chiamata singolarità, in cui le leggi della fisica perdono di significato. Impossibile chiedersi cosa ci fosse prima, perché “prima” il tempo non esisteva. Ma altre teorie, come la cosmologia delle stringhe, consentono di aggirare l’ostacolo concettuale della singolarità. Così il Big Bang, pur restando un evento importante nella storia del Cosmo, perde il primato di istante iniziale. Nella descrizione di Gabriele Veneziano, prima del “grande botto” l’Universo doveva essere molto simile a un mare caotico di onde gravitazionali. Urtando le une contro le altre in uno spazio a dieci dimensioni, queste onde generarono accumuli di materia, e i primi minuscoli buchi neri. E proprio da uno di questi, in seguito a un’espansione rapidissima, avrebbe avuto origine l’Universo così come lo conosciamo oggi.

Veneziano, assiduo frequentatore della Scuola internazionale di fisica subnucleare di Erice, è considerato il padre della teoria delle stringhe. In un rivoluzionario articolo del 1968 ipotizzò che tutte le particelle elementari potessero essere il risultato delle “vibrazioni” di minuscole corde unidimensionali, scatenando accesi dibattiti tra i fisici teorici di tutto il mondo e aprendo le porte a una nuova cosmologia. Fra le teorie proposte, c’è anche quella dell’universo-membrana che, pur partendo da ipotesi differenti, sembra rafforzare le conclusioni della cosmologia delle stringhe. “Entrambi i modelli”, spiega Veneziano, “descrivono uno scenario iniziale in cui l’universo era molto semplice, vuoto e freddo. E in questo scenario, il Big Bang è semplicemente il risultato della lunga evoluzione che lo ha preceduto”.

“Secondo la teoria dell’universo-membrana”, continua Veneziano, “il nostro universo tridimensionale (tempo a parte) si comporterebbe come una sorta di membrana a tre dimensioni, chiamata brana. Tutte le particelle che conosciamo, salvo quelle che trasmettono la forza di gravità, sarebbero confinate su questa brana, a sua volta immersa in uno spazio con dimensioni aggiuntive. Lo scontro della nostra brana (cioè del nostro universo) con una seconda, avvenuto nello spazio delle dimensioni aggiuntive (riducendo il numero di dimensioni è possibile visualizzare l’evento come uno scontro fra due fogli sottili), avrebbe fornito l’energia necessaria per innescare il Big Bang”.

Mentre fioriscono nuove ipotesi, la teoria standard del Big Bang scricchiola. Il suo punto debole è che non tiene in alcuna considerazione gli effetti quantistici, basandosi solo sulla relatività generale di Einstein. La teoria delle stringhe nasce proprio nel tentativo di conciliare la meccanica quantistica con la relatività generale, un passo fondamentale anche per unificare le forze fondamentali della natura, realizzando un sogno che i fisici teorici coltivano da decenni. Ma finora non è stato possibile spingersi oltre l’orizzonte delle ipotesi. La comunità scientifica attende gli esperimenti che al Brookhaven National Laboratory e al Cern di Ginevra tenteranno di riprodurre i primissimi istanti dell’Universo: la sfida è ancora aperta e la partita tutta da giocare.

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