Incubi notturni di un professore

Speravo che nell’idea di “progresso civile” fosse compreso il fatto che, quando uno esce di scena per “raggiunti limiti d’eta’”, lascia un mondo dove molti dei problemi in cui si era imbattuto da giovane sono stati ormai risolti. Mi accorgo con orrore (non e’ una parola eccessiva) che non e’ affatto cosi’; anzi, al contrario, molte cose vanno decisamente peggio.Ci sono due tipi di circostanze peggiorative: i caratteri individuali e le modalita’ sociali generali. I caratteri individuali possono essere profondamente modificati e corrotti da nuove cattive abitudini: indubbiamente; livelli elevati di benessere creano dipendenze inedite e trasformano cio’ che era faticosamente acquisibile in diritti. Le modalita’ sociali sono un problema piu’ serio e piu’ fumoso: ci si stanca di una classe politica e se ne adotta un’altra che fa a pugni con la precedente; convinti che il cambiamento sia risolutivo indipendentemente dai fatti (che poi sono anch’essi abitudini: stili di vita, acquisizioni sociali). Tutto cio’ che e’ eccezionale (immigrazione; privatizzazione; regionalizzazione; europeizzazione; ecc.) rispetto al passato produce reazioni violente di una parte della popolazione e innesca conflitti che possono turbare a lungo ogni altro programma politico.Si direbbe che la democrazia non sa consolidare le maggioranze; chi ha la maggioranza politica non e’ capace di migliorare la situazione per renderla più stabile in circostanze nuove; sicché unica speranza appare illusoriamente, a una nuova maggioranza, il cambiamento radicale, la sconfessione dei risultati precedenti. Fare il contrario: ma ha senso?. L’essere “conservatori” non e’ stato, spesso, un merito, una qualita’ apprezzata. Forse l’aggettivo ha indicato sinora persone che intendevano conservare dei privilegi. Ma anche una comunita’ nazionale sviluppata ha, nel suo insieme, dei privilegi nella piu’ vasta comunita’ mondiale: per esempio, puo’ essere colta, aver curato il suo patrimonio artistico, aver sviluppato la ricerca scientifica. Questi privilegi meritano di essere conservati, sono costati fatica e impegno, sono patrimonio di tutti. Metterli in pericolo significa introdurre elementi di barbarie, in nome di privilegi deprecabili di altra natura.Nel mondo di oggi, i livelli di civilta’ faticosamente raggiunti da alcuni Paesi sono messi costantemente in pericolo da due spinte barbariche: l’integralismo religioso e la logica del profitto. L’integralismo religioso e’, tutto sommato, piu’ facile da confutare almeno a parole: si afferma quando il livello della cultura generale si abbassa e la popolazione sostituisce alle conoscenze e alla razionalita’ un sistema di credenze fideistiche sostenuto da qualche clero che su quelle credenze fonda un potere. Molto piu’ difficile e’ contrastare la logica dei profitto: essa appare piu’ materialisticamente “naturale”, congeniale alle speranze individuali. Chi sa attuarla e’ oggetto di ammirazione, quasi invidia. Che a essa sia socialmente preferibile una cultura disinteressata e’ difficilmente sostenibile in pubblico: se si vuole che il profitto sia accreditato almeno in “modica dose per uso personale”, ci si scontra con chi pensa che la cultura sia piuttosto sufficiente in “modica dose per uso personale”. Cosi’ come non si riuscirebbe a dimostrare efficacemente che chi accumula ricchezze lo fa sottraendole a qualcun altro, altrettanto non si riesce a dimostrare che chi concorre a produrre cultura realizza un interesse pubblico: le relazioni di causa-effetto qui sono labili, cause ed effetti sono lontani.Un professore universitario ormai anziano, in Italia, vive oggi in stato di perenne frustrazione. L’avvenire dei suoi allievi e’ incerto, a meno che non entri finché ha voce nel perverso gioco delle prevaricazioni concorsuali scatenato da leggi sbagliale. Guarda con apprensione i suoi colleghi che fanno centri di potere come possono, pescando denaro e posizioni di comando senza piu’ sapere nemmeno dove questo era prassi, concordare programmi di “comune interesse”. Legge sui giornali che un ministro finanziario dall’aria triste e biliosa, appoggiato da una ministra tanto elegante quanto fuori posto vuole “azzerare” il sistema pubblico, più con l’aria di punire quei sovversivi che pensano con la loro testa a spese dello Stato che con l’aria di promuovere una intellettualita’ nuova. Che poi, dovrebbe assecondare un presidente degli industriali con cui sarebbe penoso andare a cena e che rappresenta quei logici del profitto che vogliono soprattutto mettere le mani sul denaro pubblico. Se il nostro anziano professore non vive tutto questo come un’invasione barbarica, vuol dire che gli ha dato di volta il cervello. Che puo’ fare? Non ha potere, nemmeno quello di difendere i livelli raggiunti. I ministri, gli imprenditori, squalliducci gia’ in effigie, stanno insinuando che tutto il suo lavoro e quello dei suoi maestri, sia sostanzialmente inutile: le nuove logiche hanno anche il difetto di esigere rendimenti immediati depositabili in banca. E invece gli intellettuali lavorano su tempi lunghi, anzi del tempo non si preoccupano affatto, almeno non quanto della qualita’ culturale dei risultati. Pero’, se il vecchio professore si guarda in giro, vede intorno a se’ un brulicare di colleghi impazziti che si stanno “arrangiando” rassegnati. Come e’ possibile? E’ piu’ facile rifiutare sdegnosamente una dittatura che sottrarsi a una barbarizzazione endogena.Ragazzi, studenti, miei amati giovani allievi che sto per lasciare, fatevi un’idea della vita che potreste vivere. Non tutto è spettacolo, non tutto è consumo, non tutto è risata a buon mercato. Capire è una emozione indicibile: nella mia generazione e in qualcun’altra l’abbiamo provata in molti. Possibile che non vi interessi più? Adesso devo cercare di dormire: ormai dormo male, da qualche tempo, le facce dei governanti, ma anche quelle dei loro oppositori, mi fanno venire incubi terribili, perche’ mi sembra che portino stampato sul volto il vuoto dei loro scaffali, del loro senso della civilta’. Fate qualcosa, ma civilmente, garbatamente, democraticamente. Inventate una politica degna di questo nome.

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