James Shapiro: il dna è una memoria riscrivibile

Il Dna non è immutabile, ma funziona come un sistema di memoria elettronico, riscrivendo nuove sequenze, rettificando ciò che risulta da accidentali incorporazioni del nucleotide sbagliato. Il Dna può difendersi attivamente da tutte quelle casuali accidentalità e danneggiamenti impercettibili, tra cui agenti alchilanti e raggi ultravioletti, che gli evoluzionisti considerano cause di mutazioni genetiche. E’ questo il punto di partenza della tesi di James A. Shapiro, professore di microbiologia dell’Università di Chicago, autore del libro Evolution: a view from the 21st Century e annoverato tra i “padri” della  ingegneria genetica naturale.

Lo abbiamo incontrato a Trento in occasione della lectio magistralis tenuta al seminario sull’evoluzione e le ricadute applicative nel settore delle tecnoscienze agroalimentari organizzato dalla Fondazione Edmund Mach. Shapiro ci ha spiegato come l’evoluzione cellulare porti a riarrangiamenti di geni e genomi, che rappresentano una risposta sia al programma fisiologico di sviluppo di cellule e organismi, sia agli stimoli e a stress ambientali. Ma ecco cosa ci ha raccontato.

Cosa si intende per evoluzione cellulare?

“Direi che è rivoluzionario capire come agisce il genoma nel contesto delle cellule, e che non è il Dna a dettare i cambiamenti alla cellula, ma il contrario. Il genoma può essere così definito un sistema di memoria di lettura e scrittura. E’ la cellula che determina il riarrangiamento continuo del genoma. Insomma cellula e Dna dialogano. Più capiamo come funzionano le cellule in relazione al genoma, più si fanno passi avanti nella diagnostica e nella cura medica. Come nel caso del cancro, che è reso così pericoloso proprio dal particolare tipo di evoluzione cellulare. L’evoluzione anche nelle cellule non è qualcosa di continuo e lineare, come Darwin affermò, ma è un processo a salti, come dimostrato dallo scienziato americano Steve J. Gould negli anni ’90. Questi salti evolutivi comportano dei cambiamenti a livello microbiologico anche notevoli, tali da influenzare anche il processo di lettura del genoma”. 

Cosa comporta tutto questo?

“Il concetto della capacità di lettura-scrittura del genoma dovrebbe permettere alla ricerca di indagare sui fattori che attivano e influenzano la natura dei cambiamenti genetici mediati dalla cellula. Dovrebbe essere possibile effettuare esperimenti più ambiziosi sui cambiamenti del genoma determinati dallo stress ambientale, per capire se è proprio questo ad influenzare i cambiamenti che derivano. Sarebbe utile capire se cellule o organismi possono apportare modifiche coordinate in risposta ad una sfida in particolare. Più apprendiamo il funzionamento di  questi processi, meglio saremo in grado di indurre gli organismi, significativi da un punto di vista economico, a cambiare in modo utile. Piuttosto che cercare di progettare organismi migliori, possiamo avere più successo escogitando sfide selettive che permettano ai microrganismi di fare, di conseguenza, la propria ingegneria genetica naturale e produrre varietà complesse che soddisfano i bisogni umani”.

Parliamo invece delle modifiche indotte consapevolemente, con l’ingegneria genetica artificiale: quali sono i pericoli principali? 

“Per esempio, rifernedoci agli Ogm, quello che abbiamo appreso dalla capacità di trasferimento orizzontale di segmenti di Dna è che le strategie basate sull’innesto di semplici segmenti di geni nelle piante coltivate inevitabilmente vanno incontro a un fallimento. Questo è già successo, a quanto pare, con piante predisposte in cui la resistenza agli agenti patogeni si è diffusa anche alle erbacce. Ci dovrebbe essere un’attenta regolamentazione degli Ogm, perché è molto difficile essere sicuri che solo una caratteristica sia stata modificata. Tutti dovrebbero essere testati per la sicurezza”. 

Ogm, ingegneria genetica sono temi ancora caldi in Italia. Qual è il consigli che si sente di dare alla ricerca nostrana?

“La cosa più importante per la ricerca è la libertà di esplorare idee non convenzionali. Posso dire che il consiglio che vale a livello universale è dare la libertà ai ricercatori di seguire piste non convenzionali. Il più grande ostacolo all’innovazione sono le idee fisse e preconcette. Se consideriamo le scoperte più importanti degli ultimi anni vediamo che sono state fatte lì dove nessuno se lo sarebbe mai aspettato”.

Credits immagine: ghutchis/Flickr 

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