La carta d’identità dei batteri umani

Lo Human Microbiome Project (Hmp) ha appena presentato la più completa mappa genetica dei batteri che abitano il nostro corpo, con annesse le informazioni che potrebbero aiutarci a mantenere la salute e a comprendere lo sviluppo di alcune malattie. 

È una visione piuttosto recente in biologia, questa che considera un essere umano non un singolo organismo, ma un insieme di organismi in qualche modo simbionti: tutti quelli che vivono sopra e dentro di noi. Che ci aiutano, per esempio, nella digestione di alcune sostanze e nell’assimilazione di altre, e che sembrano persino influenzare la nostra personalità. Grazie a questo cambio di prospettiva, stiamo imparando a conoscere sempre meglio i nostri piccoli inquilini unicellulari, che, a ben guardare, sono dieci volte più numerosi delle cellule che ci compongono. 

Ora, dopo cinque anni di studi, gli scienziati hanno la carta d’identità di molti batteri, sanno chi si trova dove nel nostro corpo e quanto le popolazioni di microrganismi possano differire da persona a persona. Le novità sono contenute sia in due studi (qui e qui) su Nature (che dedica loro persino la copertina) della Harvard University e del J. Craig Venter Institute di Rockville, sia in una serie di 15 articoli pubblicati dalle riviste Plos. I ricercatori hanno compilato, in pratica, il primo catalogo su scala popolazionale delle comunità microbiche che vivono in cinque macro-aree del nostro organismo: narici, bocca, pelle, tratto gastro-intestinale e tratto uro-genitale. 

Il consorzio Hmp, che coinvolge oltre 200 ricercatori di 80 istituti ed è sostenuto dal Common Fund dei National Institutes of Health statunitensi, ha infatti analizzato campioni di batteri di 242 adulti in buona salute, prelevati da 15 zone del corpo nel caso degli uomini, e da 18 nel caso delle donne. I prelievi sono stati eseguiti tre volte nell’arco di 22 mesi. Si è così riusciti a ottenere l’intero genoma di centinaia di batteri: a fronte dei 22mila geni del genoma umano, i ricercatori ne hanno già contati 8 milioni per il cosiddetto microbioma umano, divisi in almeno 10mila specie. 

Gli scienziati hanno anche osservato il modo in cui si comportano le varie comunità nelle diverse aree del corpo: le specie possono cambiare da un individuo all’altro, ma in ogni zona svolgono più o meno gli stessi compiti. “Sulla mia lingua potrei avere organismi differenti da quelli presenti sulla vostra ma, collettivamente, portano gli stessi geni alla festa, per esempio quelli che servono per rompere gli zuccheri”, spiega Bruce Birren del Broad Institute

Questo, fa osservare anche Bbc News, suggerisce di ripensare il modo in cui certi agenti patogeni causano le malattie. È possibile che, in alcune patologie, le funzioni della comunità microbica vengano compromesse e si alteri un equilibrio. A questo riguardo, i ricercatori hanno trovato che le persone sane selezionate per l’indagine presentano una bassa percentuale di batteri potenzialmente dannosi per gli esseri umani. Gli scienziati hanno in mano il genoma di un centinaio di questi e ora stanno capendo dove vivono, come e con chi. 

via wired.it

Credit immagine a U.S. Department of Agricolture

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