Categorie: Società

La coppia funziona? Ringraziate la nonna

Ritenete di avere un legame solido con una persona? Non è solo merito vostro, dovete ringraziare anche la nonna per questo, racconta oggi uno studio pubblicato su Pnas. Pare infatti che si debba in parte a lei la tendenza dell’essere umano – tra le specie più monogame -a stabilire rapporti stabili.

Quanto raccontato sulle pagine di Pnas è un tassello in più a sostegno dell’ “l’ipotesi nonna” (Grandmother hypothesis), secondo cui il ruolo della nonna è ritenuto fondamentale nell’evoluzione e negli adattamenti dell’essere umano, come la longevità della specie, la maturità in età avanzata dell’uomo, l’inizio della menopausa nella seconda metà della vita, lo svezzamento precoce e la possibilità di procreare un altro figlio anche se il precedente non è ancora in grado di nutrirsi da solo. Come vi avevamo già raccontato, le nonne infatti, aiutando le mamme ad avere cura dei figli, hanno posto le condizioni che giustificano la longevità della nostra specie. Liberandole dalla cura della prole le mamme potevano tornare a figliare precocemente e, dal punto di vista evolutivo, le donne sarebbero state selezionate (in virtù del loro aiuto alla specie) per una maggiore durata della vita dopo la menopausa, così da diventare, appunto, nonne. Ma non solo, a quanto pare.

L’ipotesi da cui è partita Kristen Hawkes, antropologa dell’Università dello Utah a capo dello studio, è che anche i legami di coppia fissi, che distinguono l’essere umano dagli altri animali, siano il risultato dell’evoluzione delle nonne. Un’ipotesi che si oppone all’ipotesi che la solidità di un rapporto di coppia sia legata all’istinto di procreazione: l’uomo si occupa della donna solo perché quest’ultima gli garantisce la figliolanza.

Nel suo lavoro la Hawkes ha focalizzato l’attenzione sulla preferenza degli uomini più adulti per le donne più giovani e sulla diversa percentuale di maschi e femmine fertili, facendo poi un confronto con quanto avviene invece tra le scimmie che, al contrario, preferiscono le femmine più adulte.

Con l’aiuto dei computer i ricercatori hanno simulato 60 modelli di evoluzione umana, 30 che prevedevano la presenza della nonna e 30 no. Le simulazioni hanno permesso di osservare che, nel tempo, grazie alle nonne, la componente maschile fertile della popolazione nella specie umana era maggiore di quella femminile, a differenza delle scimmie, tra le quali la componente di femmine fertile era maggiore di quella maschile. Ma vediamo perché possiamo dire grazie.

Ad esempio, in un periodo compreso tra 30.000 e 300.000 anni, il numero di maschi fertili rispetto alle donne in età fertile era di 77 maschi su 100 donne nei modelli di evoluzione che non prevedevano la nonna. Nei modelli che invece la contemplavano, su 100 donne c’erano 156 maschi fertili. Con la nonna dunque meno donne in età fertile e più uomini. Proprio questo spingerebbe l’uomo a trovare una donna e stabilire con lei un legame solido e duraturo. In questa situazione infatti avere una compagna richiede una vera e propria competizione e una volta trovata sarebbe bene avere con lei un rapporto esclusivo.

Riferimenti: Pnas Doi: 10.1073/pnas.1599993112

Credits immagine: lintmachine/Flickr CC

 

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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