Horst Bredekamp
I coralli di Darwin. I primi modelli evolutivi e la tradizione della storia naturale
Bollati Boringhieri 2006, pp.144, euro 20,00
I coralli furono per Darwin un tema di grande interesse. Egli dedicò uno studio approfondito alla struttura e alla formazione degli atolli corallini nel Sud Pacifico, utilizzando soprattutto il materiale raccolto nel lungo viaggio compiuto tra il 1831 e il 1836 sul “Beagle”. Inoltre, tra i molti reperti naturalistici riportati dal viaggio si trovano diversi esemplari di coralli (o presunti tali), raccolti in diverse parti del globo. Ma il viaggio della Beagle non fu solo una grande occasione di raccogliere materiale naturale: fu nel corso di quel viaggio che Darwin iniziò a pensare a come dare un significato alla diversità del vivente. Il lungo ragionamento culminò nell’idea di evoluzione per selezione naturale, un processo che Darwin stesso nell’Origine delle Specie del 1859 modellizzò con un grafico ad albero, una tavola ripiegata tuttora riprodotta nelle edizioni moderne dell’opera. Era il nuovo “albero della vita”, una figura che tentava di riportare su carta il grande sviluppo temporale cui vanno incontro le specie.
Tuttavia, sembra che la metafora dell’albero non fosse per Darwin del tutto soddisfacente. L’albero costringe infatti a un’unica direzione, ascendente. Tant’è che l’albero era un’immagine largamente utilizzata, anche al di fuori delle scienze naturali, con intenti classificatori. In questo testo di Horst Bredekamp, riccamente illustrato, troviamo per esempio un albero che raffigura la società cinquecentesca: i rami alle diverse altezze costituiscono quindi un ordine gerarchico, “naturale” o presunto tale.
Bredekamp, di professione storico dell’arte, a partire dagli appunti manoscritti e grazie alle illustrazioni abbozzate su di essi, ricostruisce il percorso intellettuale che Darwin seguì nel concettualizzare la sua teoria dell’evoluzione attraverso le metafore grafiche dell’albero e soprattutto del corallo. Perché è a quest’ultimo che il pensiero darwiniano andò nei suoi appunti più vecchi, tentando di visualizzare il processo di divergenza evolutiva. Non c’è una sola direzione, ma una vera e propria “esplosione”: le ramificazioni, scrive Bredekamp commentando un disegno manoscritto del taccuino B del 1837, “sembrano volersi espandere non solo verso l’alto, ma in tutte le direzioni”. Il diagramma di Darwin è in effetti più simile a un corallo piuttosto che a un albero, e Darwin stesso scrive: “L’albero della vita dovrebbe forse chiamarsi il corallo della vita”. Anche perché i tanti rami atrofizzati di un corallo bene esemplificano le tante estinzioni avvenute nel corso della storia. Una considerazione, questa, che si avvicina molto alle riflessioni più recenti sulla “forma” dell’evoluzione e in particolare alla proposta di Stephen Jay Gould di vedere la storia evolutiva come un “cespuglio” piuttosto che come un albero.
Lo spunto fornito da Bredekamp è certamente interessante. Seguire l’evoluzione delle metafore è un modo intelligente per guardare ai percorsi della creatività scientifica. Lo è ancor di più, se il contributo nasce da un’analisi non strettamente legata alle teorie scientifiche, ma da una riflessione condotta utilizzando gli strumenti propri di una disciplina – la storia dell’arte – che solitamente è ritenuta sufficientemente lontana dalle scienze per non dover aver nulla a che fare con essa. Nonostante evidenzi alcune lacune sul piano della ricostruzione storica, e qualche ingenuità in fase interpretativa, questo libro è comunque un ottimo esempio di come l’analisi dell’elemento umano possa contribuire alla comprensione dello sviluppo scientifico.