La necessaria utopia

Pietro Greco, Vittorio Silvestrini
La risorsa infinita. Per una società democratica della conoscenza
Editori Riuniti University Press 2009, pp. 286, euro 15,50

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Greco e Silvestrini sarebbero forse più lusingati da un accostamento al Marx del Capitale e della Critica dell’economia politica; tuttavia al lettore amante dei classici questo libro ricorderà piuttosto la Repubblica, il più scientifico dei testi di Platone. La società democratica della conoscenza è infatti, per ammissione degli stessi autori, un’utopia non solo possibile, ma anche necessaria. Per quanto impopolare. Oggi come ieri pochi sembrano disposti ad ascoltare il logos, la ragione che spinge a ripensare il nostro attuale sistema di vita. Come il Socrate della Repubblica, anche i promotori di un modello di sviluppo basato sulla conoscenza riconoscono che prima della meta ci attendono difficoltà e incertezze, l’ostilità di chi mai vorrebbe cambiar strada e il rischio connaturato in ogni impresa veramente nuova. Come Socrate, anche gli autori de La risorsa infinita credono che la retorica non sia un’arma efficace per sostenere la loro causa. E infatti l’argomentazione procede dati alla mano, senza esagerazioni né falsi allarmismi.

Negli ultimi decenni abbiamo consumato in media 10 miliardi di tonnellate tra petrolio e gas naturale ogni anno, una quantità che il pianeta Terra aveva accumulato al passo di centinaia di milioni di anni. Per il futuro ci restano circa 200 Gtp (miliardi di tonnellate equivalenti al petrolio) disponibili da fonti naturali. Ciò significa che nel 2050 le scorte di combustibili fluidi saranno completamente esaurite. In un futuro non troppo lontano potremo contare esclusivamente sul carbone e sulle cosiddette fonti alternative (geotermica, solare, idroelettrica, nucleare) per soddisfare i nostri bisogni. Poco male: nell’ultimo secolo all’impennata del 2,3 per cento annuo dei consumi energetici non è corrisposto un altrettanto significativo miglioramento delle condizioni di vita in conseguenza dell’efficienza d’impiego. Detto in termini più semplici, il fatto che abbiamo consumato di più non significa che siamo riusciti a soddisfare meglio tutti i nostri bisogni. Nella Roma di oggi, per esempio, ci spostiamo in automobile a una media di 10-12 chilometri orari, cioè alla stessa velocità con cui si muovevano i sudditi di Augusto 20 secoli fa. Solo che consumiamo una quantità d’energia di gran lunga superiore, immettiamo in atmosfera sostanze inquinanti e il traffico ci rende probabilmente più nervosi di quanto non lo fossero i nostri antenati. Come se non bastasse, d’estate sudiamo di più. Negli ultimi 100 anni la temperatura media del pianeta è cresciuta quasi di un grado, e dai 15º C potrebbe arrivare a 17 o addirittura a 21 entro la fine di questo secolo.

L’aumento della temperatura è legato al crescente consumo di energia. Utilizzando auto a benzina, frigoriferi e termosifoni, liberiamo in atmosfera anidride carbonica, che a sua volta incide sull’effetto serra, ossia sulla composizione di quella barriera di gas naturali che filtrano l’assorbimento della radiazione solare. Insomma, l’equilibrio del pianeta è un sistema a catena, in cui la rottura o la sostituzione di un singolo anello produce conseguenze sull’intera sequenza, ed ecco perché dobbiamo stare attenti ad agire nel quotidiano. Le scelte che facciamo oggi sono determinanti per i nostri figli e i nostri nipoti, ma anche per il mare, per le montagne e per i paesaggi naturali, e, last but not least, per le altre forme di vita con cui coabitiamo la terra. Per 540 milioni di anni le specie di piante e animali del pianeta sono diventate sempre più numerose e hanno plasmato habitat via via più diversificati e complessi. Ma negli ultimi decenni l’impatto delle attività umane ha bruscamente invertito questa tendenza. Secondo gli esperti ogni 3-6 ore la Terra perde una specie vivente. Se continuiamo al ritmo attuale arriveremo ben presto a un’estinzione di massa, probabilmente la sesta nella storia della vita sul pianeta. Di certo la prima che implica un fattore di responsabilità, e che, di contro, potrebbe essere evitata con l’uso progettuale della ragione.

Il progresso tecnologico infatti non necessariamente è un male che viene per nuocere. Anzi, logicamente è l’esatto contrario. Riprendiamo l’esempio delle automobili. Un’utilitaria di 700 chilogrammi ha bisogno di un motore di 100 cavalli e trasporta al massimo 5 persone, anche se in realtà negli spostamenti quotidiani il rapporto è di una macchina a persona. Ebbene, grazie alle moderne tecnologie, potremmo spostarci con veicoli pubblici di 50 chilogrammi con motori di un quarto di cavallo, consumando e inquinando molto di meno. In teoria. In pratica tendiamo a sostituire l’utilitaria con il Suv piuttosto che convertirci ai mezzi pubblici, che oltretutto sono ben lontani dai moderni standard di efficienza energetica e tutt’altro che affidabili. Qui, naturalmente, entra in gioco la politica, ma anche i motivi di prestigio che ci spingono a desiderare il Suv, ingombrante e praticamente impossibile da parcheggiare in città: entra in gioco l’intero sistema dei valori, da cui sembra oggi esclusa l’equità sociale che è invece, insieme alla sostenibilità ecologica, il perno della riflessione di Greco e Silvestrini.

Nell’era della globalizzazione gli abissi della disuguaglianza non sono più tollerabili. Sono ancora i dati a farci riflettere. Il 40 per cento della popolazione mondiale, pari a 2,7 miliardi di persone, è attualmente sotto la soglia della povertà, mentre il 20 per cento dei ricchi possiede il 75 per cento del patrimonio globale. In Giappone la vita media dura 82 anni, mentre in Sierra Leone può reputarsi fortunato chi arriva ai 34. Dati sconfortanti. Che però non impediscono agli autori di trarre un affresco mobile, in cui, grazie alla risorsa conoscenza, si stanno insinuando concrete speranze, a partire proprio dal Mezzogiorno d’Italia e del mondo: le esperienze di governance territoriale e le iniziative dell’Onu potrebbero a poco a poco delineare lo scenario di una nuova “Repubblica”, globale e fondata sulla cultura.

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