A poche settimane di distanza dall’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climite Change, in cui gli scienziati affermavano che è in atto un riscaldamento globale della Terra dovuto principalmente all’attività umana, arriva una nuova ricerca svolta in Antartide che sembra smentire i modelli teorici. Negli ultimi 50 anni le temperature nel continente più a Sud del mondo non sono aumentate come il cambiamento climatico lascerebbe presagire. Ad affermarlo è uno studio seguito da David Bromwich della Ohio State University e presentato al convegno annuale della American Association for the Advancement of Science a San Francisco.
“È difficile vedere un segno del riscaldamento globale nel cuore dell’Antartide già adesso”, ha detto Bromwich: “C’è molta variabilità a quelle latitudini. I risutati sono in netto contrasto con i dati provenienti dalla parte settentrionale della penisola antartica, una delle regioni della Terra che si sta riscaldando più velocemente”.
Se infatti dal 1982 al 2004, enormi icerberg si sono sciolti sul perimetro che circonda il continente, vicino al Polo le temperature della superficie (non quelle dell’atmosfera) sono addirittura scese, come rilevato dai sensori satellitari dell’Advanced Very High Resolution Radiometer (Avhrr), che registrano lo spettro termico degli infrarossi. Secondo Bromwich l’allargamento del buco dell’ozono nella parte centrale del continuente (che nel 2006 ha raggiunto il picco più alto) potrebbe influenzare le temperature antartiche: “Se c’è meno ozono, c’è meno assorbimento dei raggi ultravioletti e la stratosfera non riscalda abbastanza”. Questo comporta che le condizioni invernali perdurano più del normale, anche in primavera, abbassando le temperature.
Il disaccordo tra le predizioni teoriche e le temperature in Antartide, precisa il ricercatore, non indicano che i modelli siano sbagliati. “Non è sorprendente che i modelli globali non funzionino in quelle regioni remote del mondo”. (da.c.)
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