L’antibiotico che salvò il mondo

Nella cultura del Novecento, la penicillina ha un posto molto speciale. È stato il primo antibiotico, il farmaco che ha aperto la possibilità di curare un gran numero di infezioni precedentemente letali, e a partire dal secondo dopoguerra è stato, per il grande pubblico, il simbolo del progresso medico. Poche somministrazioni, e la polmonite è curata; la diagnosi di sifilide non è più una sentenza definitiva; la febbre reumatica non fa più paura. Quasi un “proiettile magico”, come ora è di moda chiamare i medicinali mirati, capace di eliminare ciò che fa male senza (o quasi) effetti collaterali. Il suo successo fu tale  che “penicillina” per molti decenni non è stato più solo il nome di un gruppo di sostanze chimiche. Piuttosto, “nella sua combinazione di rassicurazione e di beneficio medico, la penicillina può essere paragonata a un ‘marchio’ commerciale”. Inoltre, la penicillina portò con sé l’idea di trionfo della scienza, causando in modo diretto un miglioramento sociale: le “magnifiche sorti e progressive” della società occidentale erano ancora una volta evidenti, il tutto in una sola prescrizione.

Luci e ombre sulla penicillina

Il libro di Robert Bud è un lavoro storico, con una prospettiva di lungo termine che altresì evita l’agiografia. L’autore ha infatti assunto un’ottica bipolare, come già risulta dal sottotitolo: “trionfo e tragedia”. Nell’introduzione leggiamo: “Assumere una prospettiva storica sulla penicillina significa, quindi, comprendere non solo i grandi trionfi della scoperta ma anche il successivo sconforto per il modo con cui questa medicina e altri antibiotici sono stati utilizzati”.

Dal laboratorio alle truppe in pochi mesi

Il racconto della storia della penicillina è inoltre estremamente interessante per ricostruire la storia della medicina nel passaggio verso un’età pienamente industriale. Se da un lato la scoperta del composto è uno degli episodi di “serendipity” più noti e citati nella storia della scienza (Alexander Fleming che casualmente vide una coltura batterica con caratteristiche inusuali, contaminata per errore dalla muffa penicillium), dall’altro la storia della penicillina è fatta soprattutto dell’interazione tra scienza e grande industria. In pochissimi anni, passò dal bancone del laboratorio di chimica di Ernst Boris Chain e Howard Florey (insigniti con Fleming del Nobel) alle catene produttive delle imprese farmaceutiche, negli Stati Uniti e in misura minore in Gran Bretagna, con l’aiuto dei rispettivi governi. Da lì, il farmaco passò nella dotazione ordinaria dei soldati americani verso la fine della Seconda guerra mondiale. Proprio quest’ultimo salto fu reso possibile dai grandi progressi tecnici realizzati nella procedura di coltura della muffa: con le nuove tecniche di fermentazione nel 1943 la produzione americana balzò da 1 miliardo a 20 miliardi di unità nel giro di pochi mesi, e nel 1944 si raggiunsero 1633 miliardi.

L’abuso e la resistenza agli antibiotici

Per molti anni i progressi sono continuati in maniera lineare, fino all’emergere delle resistenze di alcuni batteri agli antibiotici più utilizzati: un fenomeno darwiniano che si è nel corso del tempo tramutato in un problema politico. Sono infatti i sistemi di sanità pubblica a dover far fronte al problema e a correre ai ripari. Nuove linee guida e sistemi di controllo sono stati adottati per evitare l’abuso degli antibiotici (sugli umani ma anche sul bestiame negli allevamenti): misure rese necessarie anche dal rallentamento del progresso scientifico in questo ambito, nel quale le nuove scoperte sono divenute sempre più rare, mentre le grandi industrie farmaceutiche hanno rivolto le loro attenzioni verso campi più remunerativi.

Il libro, che si basa su una vasta bibliografia e si accompagna a molte immagini significative, è molto dettagliato nella ricostruzione, senza perdere comunque in leggibilità. Si spera che sia breve il tempo d’attesa per una traduzione italiana.

Il libro

Robert Bud
Penicillin. Triumph and Tragedy
Oxford University Press 2007, pp.330, euro 43,50

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