L’avanzata del privato

Il sistema ospedaliero italiano procede nella sua evoluzione verso un sistema misto, pubblico/privato. La percentuale degli ospedali privati rispetto al totale degli ospedali italiani è passata dal 36,3 per cento del 1997 al 41,2 per cento del 2002, e le giornate di degenza in strutture private sono passate nello stesso periodo dal 16,3 al 18,4 per cento. Le strutture private contribuiscono per il 19,7 ai posti letto, per il 15,3 ai numero di degenti e per l’11,6 per cento agli addetti. L’offerta più consistente è nelle regioni del Sud, dove le strutture private superano il 50 per cento in Campania e Calabria. È la fotografia scattata dal secondo rapporto “Ospedali e salute”, pubblicato da Franco Angeli e curato dall’Aiop (Associazione Italiana Ospedalità Privata) in collaborazione con la società di ricerca e consulenza Ermeneia. Volume che riporta numeri e tendenze dell’offerta ospedaliera e sulla sua evoluzione negli ultimi anni, ma a essi fa seguire anche un’indagine su comportamenti, valutazioni e opinioni sui servizi ospedalieri effettuata su un campione di oltre 4000 soggetti. L’obiettivo è dare un quadro completo dell’”esperienza ospedaliera” in Italia, dove ogni anno più di 11 milioni di persone (da 18 anni in su) varcano le soglie di una struttura ospedaliera per effettuare analisi, cure o interventi. Anche la qualità delle prestazioni viene misurata dal rapporto, per mezzo di un indice, il “peso medio” delle prestazioni, che deriva dal livello di complessità delle patologie e dal numero di pazienti dimessi. Il valore per le strutture private cresce e si avvicina a quello delle strutture pubbliche, con un valore di 1,14 per le prime e 1,18 per le seconde. La maggiore novità del rapporto è l’indagine tramite interviste a campione sulla percezione degli utenti: da cui emerge prima di tutto una complessiva soddisfazione verso i servizi ospedalieri, visto che tra chi ha avuto esperienze di ricovero negli ultimi 12 mesi, quelli che esprimono un giudizio “molto” o “abbastanza” soddisfatto toccano l’85,5% per gli ospedali pubblici, il 92% per gli ospedali privati (case di cura accreditate) e l’86,8% per le cliniche private. È anche evidente che il “sistema misto” pubblico/privato si sta consolidando nella percezione dei cittadini come una realtà entro la quale esercitare il proprio diritto di scelta: l’87,2% degli intervistati ritiene infatti che l’ospedale privato (casa di cura accreditata) faccia ormai parte del sistema ospedaliero complessivo; e quando ci si deve ricoverare non si considera se la struttura è pubblica o privata, ma altri fattori come la specializzazione di cui si ha bisogno, la qualità delle prestazioni, la vicinanza. Emerge però con chiarezza una carenza di informazione sulle opportunità di scelta tra pubblico e privato accreditato, con la conseguenza che gli intervistati chiedono delle adeguate campagne informative in proposito: il 63,1 per cento conosce effettivamente la possibilità di operare delle scelte ospedaliere a parità di costo, ma tale percentuale scende al 25,6 per cento se si considera la popolazione italiana adulta nel suo insieme e non più solo quella che ha avuto effettivamente esperienza di ricovero negli ultimi 12 mesi; in più, il 68,3 per cento degli intervistati ritiene che se avesse avuto più informazioni al momento di accedere a un ospedale pubblico sarebbe stato interessato a ottenere la stessa prestazione presso un ospedale privato; e oltre il 79 per cento del campione ritiene che Regioni e Asl dovrebbero fare di più per informare i cittadini sulle loro possibilità di scelta. La ricerca tenta anche di misurare il livello di effettiva concorrenza tra strutture pubbliche e private, grazie a un panel effettuato intervistando testimoni rilevanti, responsabili di strutture e di associazioni di categoria in Italia, Francia, Belgio, Austria e Spagna. E qui i risultati sono decisamente deludenti, visto che l’Italia si attesta tra il valore 0 (“non esiste per niente”) e il valore 1 (“esiste solo nelle norme ma non nella effettiva prassi amministrativa”) per quasi tutti i parametri, dalla facilità di stabilimento delle nuove strutture, alle procedure per l’autorizzazione per nuove attrezzature, fino a finanziamento e valutazione. Una situazione che la pone decisamente in coda nello scenario europeo, visto che gli altri paesi considerati (Francia, Belgio, Austria e Spagna), pur con molti punti critici, hanno tutti una situazione migliore.

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