Le bugie del proibizionismo

Guido Blumir
Marihuana. Uno scandalo internazionale
Einaudi, 2002
pp. 258, euro 9,80

Per millenni l’umanità la ha utilizzata. Poi, all’improvviso, ottant’anni fa la Cannabis è diventata fuorilegge, praticamente in tutto il mondo, a cominciare dagli Stati Uniti. La ragione di questa repentina inversione di marcia è nella vita e nell’opera di Harry J. Anslinger, lo Zar del proibizionismo, come lo definisce il sociologo Guido Blumir nel suo libro. A partire dagli anni Trenta e per 30 anni, Anslinger condusse la sua personale battaglia contro la Cannabis facendo del Narcotic Bureau americano un centro di disinformazione sistematica, censurando e intimidendo chiunque, anche dal mondo accademico e scientifico, osasse contraddirlo. In questo modo riuscì anche a convincere le Nazioni Unite a inserire la marijuana nella lista delle sostanze stupefacenti.

A distanza di decenni, la macchina proibizionista costruita da Anslinger è ancora in funzione, scrive Blumir, che da anni studia il fenomeno del consumo di droghe. Eppure, sebbene proibito, il consumo di Cannabis ha continuato a crescere negli anni. In Italia, per esempio, si calcola che a fumarla oggi siano circa 30 milioni di persone, come a dire più della metà della popolazione. Se tutti questi italiani, scrive provocatoriamente Blumir, fossero veramente dei “drogati”, allora saremmo di fronte a una catastrofe. In realtà, leggendo la storia raccontata da Blumir si capisce come lo zelo proibizionista di chi ritiene lo spinello l’anticamera della tossicodipendenza da cocaina o eroina non abbia nessun fondamento scientifico. Eppure c’è ancora chi crede alle panzane messe in giro dal Narcotic Bureau. Come quella, per esempio, secondo cui negli ultimi trent’anni, la potenza psicotropa della Cannabis sarebbe aumentata del 400 per cento, ovvero che la percentuale di Thc, il principio attivo che è alla base del senso di rilassamento tipico della sostanza, sarebbe passata dal 2-3 per cento di allora al 16-18 per cento dei nostri giorni.

La marijuana non sarebbe più quindi una droga leggera ma andrebbe annoverata fra quelle pesanti. Su questa base, nel febbraio 2002, alcuni esponenti del governo Berlusconi hanno annunciato: “niente più distinzioni fra droghe leggere e pesanti”. Una linea ribadita successivamente dallo stesso presidente del Consiglio e portata avanti dal Dipartimento nazionale per le politiche antidroga creato dallo stesso esecutivo alla fine del 2001. L’incremento della “potenza” della Cannabis è però smentito dalle analisi di laboratorio che Blumir riporta nel suo libro e che indicano come al massimo si arrivi in alcuni campioni a una percentuale del 9 per cento.

Ma una cosa è dire che qualche partita di erba sia particolarmente forte, altra è affermare che la marijuana sul mercato è quadruplicata di potenza. Insomma: si tratta di una leggenda metropolitana dura a morire, racconta ancora il sociologo, inventata da William J. Bennet, successore di Anslinger al Narcotic Bureau.Il libro di Blumir cerca insomma di fare piazza pulita di pregiudizi e luoghi comuni che, dopo anni di propaganda proibizionista, sono ormai ben radicati nella coscienza di tutti. Una delle rivelazioni più sorprendenti è quella che riguarda le conseguenze del consumo di Cannabis su chi si mette al volante, studiate attraverso una serie di esperimenti di laboratorio a partire dagli anni Sessanta: si prendono dei consumatori di marijuana si lascia che fumino, si aspetta che l’effetto sia al suo apice, poi si mettono al volante. A un primo gruppo viene data una dose media, al secondo una considerata forte, al terzo nessuna droga. “Per la marijuana si è notato un fatto curioso”, scrive Blumir. “I fumatori tendevano a guidare più prudentemente: andavano più piano correvano meno rischi e mantenevano una maggiore distanza dalle altre macchine”.

Infine, il confronto con gruppi a cui invece era stato fatto bere dell’alcol in quantità al di sotto dei limiti di legge statunitensi (era il 1986) risultava ancora più illuminante: se la dose di marijuana era media, l’impatto sulla guida era minimo, se la dose era alta l’impatto sulla guida era inferiore a quello indotto da dosi minime (legali) di alcol. Chi aveva bevuto pochissimo faceva più errori di chi aveva fumato molto. Un risultato semplice e immediato che però è stato tenuto nascosto. O meglio è stato sommerso dalla quantità smisurata di informazione creata ad hoc per convincere i cittadini che la marijuana fosse “il nemico numero uno” da combattere (diminuendo quindi la pressione su cocaina ed eroina). Una rete fittissima di bugie e falsi scientifici che il libro di Blumir svela con dovizie di particolari e documenti ufficiali, utilizzando un linguaggio immediato e puntuale.

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