Le città crescono sempre nello stesso modo

A saperlo prima, Fritz Lang avrebbe forse ripensato alla struttura di Metropolis, la città dell’ipotetico futuro (anno 2026, per la precisione) in cui è ambientato l’omonimo capolavoro cinematografico del 1927, così spaventosamente diversa dalle metropoli di oggi. Eppure, stando a uno studio appena pubblicato sulla rivista Science Advances dagli scienziati della University of Colorado, Boulder, l’espansione delle città del passato, soprattutto in termini di struttura, produttività e demografia, obbediva alle stesse regole matematiche che seguono i moderni agglomerati urbani, nonostante i grandi cambiamenti culturali, politici e tecnologici avvenuti nel tempo. In particolare, gli autori del lavoro, coordinati dall’archeologo Scott Ortman, hanno scoperto che la costituzione di grandi insediamenti, duemila anni fa come oggi, ha permesso agli abitanti di essere più produttivi ed efficienti.

Crescendo, spiegano gli esperti, le città obbediscono a diverse regole matematiche. Con l’aumentare della popolazione, per esempio, l’area dell’insediamento tende a diventare più densamente popolata, anziché crescere di dimensione. Questo meccanismo fa sì che le persone vivano sempre più vicine le une alle altre, usino le infrastrutture più intensivamente, interagiscano più frequentemente e, di conseguenza, siano anche più produttive. Già lo scorso anno, in un altro lavoro, l’équipe di Ortman aveva scoperto che questo insieme di regole – il cosiddetto urban scaling – si applica sia alle città antiche che in quelle moderne: allora, i ricercatori analizzarono la collocazione delle abitazioni all’interno delle città per mostrare che, per l’appunto, anche gli insediamenti antichi tendevano a diventare più densamente popolati – e non più grandi – al crescere della popolazione.

Con lo studio appena pubblicato, i ricercatori hanno mostrato un’altra analogia: gli abitanti delle città del passato diventavanopiù produttivi ed efficienti man mano che la densità del loro insediamento cresceva, come avviene, ancora una volta, nelle città di oggi. “Con il crescere della popolazione di un villaggio o di un insediamento”, spiega Orman, “si nota che la produttività degli abitanti cresce ancora più velocemente. La teoria dello urban scaling spiega che questo è dovuto all’aumento delle interazioni sociali tra gli abitanti. Per chi vive in città densamente popolate è molto facile ed economico interagire con gli altri, che sono fisicamente più vicini”.

Per arrivare a questa conclusione, gli scienziati hanno studiato gli antichi insediamenti e la dislocazione di templi e case nell’area dove sorge attualmente Città del Messico, una delle città più popolose al mondo, confrontando i dati disponibili per oltre duemila anni di storia e quattro grandi ere culturali. Usando queste informazioni, i ricercatori hanno stimato popolazioni, densità, velocità di costruzione di monumenti e produttività di oltre 4mila insediamenti: i risultati mostrano, per l’appunto, che le città più popolose sono le più produttive, e che il tasso di crescita della produttività degli insediamenti del passato è esattamente lo stesso di quello delle metropoli di oggi.

Secondo Ortman, si tratta di un risultato “bizzarro e incredibile”, dato che “ci è sempre stata inculcata la teoria che grazie a capitalismoindustrializzazione democrazia il mondo di oggi sia radicalmente diverso da quello del passato. Abbiamo scoperto, invece, che il volano fondamentale dei modelli socioeconomici urbani è molto precedente, e strettamente collegato alla possibilità di creare reti sociali umane”.

Via: Wired.it

Credits immagine:  A30_Tsitika/Flickr CC

2 Commenti

  1. Ma gli estensori delle ricerche in oggetto hanno mai dato una occhiata a qualche manuale di storia dell’urbanistica per vedere se già qualcuno si era accorto dei fenomeni che descrivono?

  2. Mi sembra che nella teoria dell'”urban scaling” vi siano alcuni punti deboli, vediamo quali:
    Nei secoli passati, almeno fino all’invenzione delle artiglierie moderne a lunga gittata, le città erano protette da poderose cinte murarie, che le separavano anche psicologicamente dal resto del territorio.
    Per cui estendersi con l’aumento della popolazione avrebbe comportato una costosissima costruzione di una seconda cinta muraria.
    Ovvio che si cercasse di sfruttare al meglio lo spazio interno disponibile, addensando la popolazione.
    Questo addensarsi della popolazione comportava di solito peggiori condizioni igieniche, con la frequente esplosione di epidemie (lo consideriamo anche questo un “aumento di produttività?).
    Nel mondo moderno sarebbe dovuto venir meno la necessità di addensarsi all’interno delle mura, ormai inutili, ed in effetti proprio a quest’epoca risalgono le “grandi espansioni” di alcune città Parigi, Barcellona accompagnate da una notevole ristrutturazione urbanistica (grandi viali, costruzione di ferrovie metropolitane, ecc ecc).
    Questo “dirigismo urbanistico” avvenne però sopratutto sotto la spinta di governi che avevano paura di un insurrezione (le viuzze erano adatte alle barricate e quindi alle insurrezioni, mentre i viali ampi potevano essere spazzati dall’artiglieria e dalle cariche della cavalleria).
    Il discorso sarebbe lungo, ma mi sembra chiaro che guardare allo sviluppo urbanistico usando una sola chiave di lettura “stiamo vicini vicini che siamo più produttivi” mi sembra un pò superficiale.

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