Le coste italiane salvate dalla Posidonia

Coltivare la Posidonia oceanica in cattività e poi reinserirla in ambiente marittimo. E’ questa l’idea di un gruppo di ricercatori pugliesi per proteggere le fragili coste del Mediterraneo dal rischio erosione. La pianta, endemica nel Mare Nostrum, ha un ruolo fondamentale nella difesa delle coste grazie alla sua opera di stabilizzazione e consolidamento dei fondali. Perché allora non pensare di coltivarla artificialmente? Per farlo la TCT srl di Brindisi, in collaborazione con Legambiente Puglia, ha avviato il progetto S.T.A.R.T. (Sviluppo di una Tecnologia Ambientale per la Ricostruzione, la Tutela delle praterie sottomarine di Posidonia e il miglioramento della sostenibilità ambientale delle operazioni su fondali), finanziato con fondi europei e regionali e i cui risultati sono stati presentati oggi a Bari.

La Posidonia, che occupa circa il 3 per cento dell’intero bacino del Mar Mediterraneo, produce fiori e foglie che possono arrivare a un metro di lunghezza, formando sul fondale delle praterie che fanno da freno alle onde e alle correnti. Inoltre, le praterie contribuiscono all’ossigenazione delle acque e offrono nutrimento e protezione per molti organismi animali e vegetali. Ma negli ultimi decenni l’eccessiva antropizzazione ne ha provocato una diminuzione drastica, con buona pace dell’ecosistema costiero. Tanto che dal 1990 la Posidonia è nella lista rossa delle specie protette perché a rischio di estinzione. Da qui l’idea di una tecnologia per la ricostruzione o il ripopolamento delle praterie. “Quando si realizzano opere marittime entro i 30 metri di profondità e si intercettano praterie di Posidonia, la Valutazione di impatto ambientale prevede la mitigazione del danno attraverso il trapianto delle piante destinate a essere distrutte in un’altra parte del fondale”, spiega Giuseppe Scordella, coordinatore scientifico del progetto. “Il nostro progetto si inserisce nel mezzo di questa fase: prima del re-impianto abbiamo provato a tenere la Posidonia in una sorta di incubatrice”.

I ricercatori della TCT hanno messo a punto uno speciale acquario di ben 100 metri quadrati, dotato di sistemi a circuito idrico chiuso, ricreando le condizioni di illuminazione e temperatura analoghe a quelle che si trovano a 15 metri di profondità, per facilitare l’attecchimento e l’accrescimento della Posidonia. Per avviare la sperimentazione il team non ha rimosso dai fondali la pianta ma ha utilizzato prodotto di ‘scarto’, per così dire, facendosi consegnare dai pescatori di Torre San Giovanni (Lecce) le numerose piantine che finiscono nelle reti a seguito delle mareggiate stagionali. “Poi abbiamo monitorato le 1.500 talee impiantate nella vasca con cadenza trimestrale. Non solo queste riescono a sopravvivere in ambiente artificiale, ma la loro crescita è superiore rispetto a quella che si osserva nelle normali situazioni di espianto e di re-impianto”. Già a partire dal primo monitoraggio è stata osservata una rilevante crescita verticale delle foglie: per ciascun ciuffo, la lunghezza media della foglia più adulta variava da un minimo di 47,1 cm nel primo trimestre, a un massimo di 55,2 cm nel secondo, mentre i valori massimi misurati oscillavano tra i 62 cm e i 98 cm. Anche i dati sull’accrescimento fogliare hanno evidenziato il buono stato di salute delle talee, con punte massime di crescita di 45 cm. Al termine del progetto, la percentuale media di sopravvivenza delle talee è stata pari al 94,4 per cento dopo 9 mesi di coltivazione.

Il passo successivo sarà quello di reinserire le talee coltivate in ambiente marittimo. Ma i risultati raggiunti finora fanno ben sperare nella possibilità di replicare la sperimentazione e far adottare anche altrove l’impianto di coltivazione artificiale. “La tecnologia è in fase di brevettazione”, spiega Scordella. “Le realtà costiere interessate potranno quindi avere il loro impianto e crescere le piante necessarie per ripopolare i fondali. Inoltre, si potrebbe pensare a delle convenzioni con le varie Marinerie per l’approvvigionamento della Posidonia che finisce nelle reti e che altrimenti sarebbe destinata a diventare rifiuto”. Molto fiduciosa anche Legambiente Puglia, partner del progetto, convinta che la tutela dell’ecosistema mediterraneo passerà un giorno proprio dalla coltivazione della Posidonia oceanica. Una speranza in più per il nostro mare, se si considera che, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Osservatorio sull’erosione costiera per il recupero e la valorizzazione dei litorali, oltre 1.700 chilometri dei circa 7.468 della costa italiana sono in una situazione di forte erosione.

Credit immagine: Albert kok

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