Le decisioni finanziarie? Le prende l’amigdala

La recente crisi economica ha segnato il fallimento dei modelli neoclassici dell’economia, basati sull’illusione che l’essere umano sia un organismo perfettamente razionale. La mente è invece un sistema decisionale che agisce sulla base di fattori non razionali, come le emozioni. Ma non razionale non significa casuale: anche i fattori emotivi, possono essere previsti e analizzati. Grazie agli strumenti forniti dalle neuroscienze è possibile indagare in modo sistematico i meccanismi neurobiologici attraverso cui le emozioni influiscono sulle decisioni in campo economico. È questo il cuore della neuroeconomia, come ha spiegato Matteo Motterlini, direttore del Cresa (Centro di Ricerca in Epistemologia Sperimentale e Applicata) e professore ordinario di Filosofia della Scienza all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, in occasione del Forum delle Neuroscienze tenutosi a Roma.

Per capire in che modo le emozioni influenzino le decisioni, anche quelle di tipo finanziario, facciamo un esempio. Se si pone una persona di fronte alla scelta di prendere 100 euro oppure di investirli con la possibilità, sulla base del lancio di una moneta, di perderli tutti o vincerne 250, questa probabilmente deciderà di non scommettere. Se poi si avvisa il soggetto che il gioco verrà ripetuto per venti volte, situazione in cui rischiare diventa la scelta più conveniente (e quindi razionale), nella maggior parte dei casi questo deciderà comunque di tenersi i 100 euro, rinunciando a un guadagno a lungo termine. Questo esempio di comportamento irrazionale, noto come avversione alle perdite, è associato all’attività di una particolare area cerebrale: l’amigdala. Questa regione, localizzata nel sistema limbico, ha un ruolo fondamentale nella genesi e nell’elaborazione delle nostre emozioni, e in particolar modo della paura. Studi di risonanza magnetica funzionale hanno dimostrato che gli individui con una maggiore avversione alle perdite mostrano un’attività neurale più intensa a livello dell’amigdala. Al contrario, persone che hanno subito una lesione in quest’area, e che quindi non sono soggette alla componente emotiva della decisione, si comportano in modo perfettamente razionale, massimizzando i guadagni e riducendo le perdite. Inoltre, si è dimostrato che l’attività dell’amigdala determina anche l’inclinazione all’investimento sulla base degli esiti precedenti: se un investimento ha un esito negativo, questa struttura si attiva facendo sì che l’individuo sia meno disposto a investire di nuovo; se invece ha un esito positivo, l’attività dell’amigdala è minore e il soggetto è più propenso ad assumersi il rischio di un nuovo investimento.

Le emozioni hanno quindi un ruolo fondamentale nel determinare le nostre scelte economiche. “Negare l’importanza della psicologia per la teoria economica, sarebbe come negare l’importanza dell’attrito per le applicazioni della meccanica newtoniana”, ha dichiarato Robert Shiller, economista dell’Università di Yale e premio Nobel per l’economia. In altre parole, per progettare interventi di politica pubblica efficaci è necessario prendere in considerazione i fattori psicologici coinvolti nei processi decisionali. Un’indicazione che ha deciso di seguire anche il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, il quale in materia economica si è avvalso delle opinioni di Austan Goolsbee e Cass Sunstein, esperti a livello mondiale della relazione tra fattori economici e psicologici.

Ora le neuroscienze permettono di analizzare tale relazione in modo ancor più rigoroso. Elementi quali le emozioni, ma anche le capacità computazionali e i vincoli del sistema cognitivo, possono essere studiati nel dettaglio e integrati nei modelli economici. “Certo, ne risulterà una rinnovata teoria economica, magari meno onnicomprensiva e imperialista; meno formalmente elegante ed esatta; ma anche meno separata dalle altre scienze e meno distante dalla natura umana”, ha concluso Motterlini.

Credits immagine: Images Money/Flickr CC

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