Società

Le ultime parole prima di morire

Gabriele Tinti
Last words
Immagini di Andrea Serrano
Skira 2015, pp 90, Euro 17.00

Disperazione, amore, sogni spezzati, ma anche serenità, speranza di una situazione migliore, spavalderia per la decisione presa, felicità per ciò che si sta facendo…  Nelle ultime parole lasciate da chi sta per togliersi la vita sono espressi i sentimenti più diversi. Le ha raccolte – ispirandosi al famoso gruppo scultoreo “Galata suicida” conservato nel Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps – il giovane poeta e scrittore Gabriele Tinti nelle pagine di Last Words, senza alcuna modifica o commento, senza alcuna artificiosità letteraria.

Sono uomini e donne, giovani e anziani che hanno attuato il loro desiderio, spinti dalle vicende della vita, e salutano così quelli che restano in questo mondo, talvolta colpevoli di indifferenza nei loro confronti, talvolta abbandonati alla loro immaginata disperazione. Alcune di queste lettere sono piene di affetto per chi resta, ci sono ringraziamenti per coloro con cui si è condiviso un pezzo di vita; ma il desiderio profondo di trovare pace è più forte della consapevolezza del dolore che proveranno persone che pure sono care.

Dietro queste frasi di commiato, di saluto o di rimprovero  si immagina la vita di chi si accinge a lasciarla, nell’impossibilità di continuare il proprio percorso: ma sempre ci si sente coinvolti dalla disperazione altrui.  Talvolta si vorrebbe sapere di più, capire meglio. Cosa aveva in testa colui o colei (testo LIX) le cui ultime parole scritte sono: “Sarà un evento spettacolare”? Che disperazione nasconde chi  scrive (testo LV): ”Sono felice, papà. Ti voglio bene. Buonanotte”. Il testo XXXII inizia così: “Caro Mondo, me ne vado per noia. Mi sembra di aver vissuto abbastanza…”. E non è facile immaginare le sensazioni e i pensieri che hanno convinto l’autore che era venuto il tempo di farla finita con un mondo così ”noioso”.

Come scrive Derrick de Kerckhove nella prefazione, i messaggi raccolti in questo volumetto sono un invito “a fissare la morte negli occhi, qualcosa che a pochi di noi piace fare”.  Eppure, forse, sono anche un invito a guardare meglio la vita, la nostra e quella di chi ci sta vicino, per comprendere i momenti di disperazione o di solitudine, per cercare o per dare aiuto prima  che le situazioni diventino intollerabili.

La speranza di non soffrire più è certamente presente anche in coloro che si accingono a realizzare con coraggio o spavalderia il progetto di suicidio. Le foto dello statunitense Andrea Serrano elaborano  il confine tra sacro e corporale, esplorando come l’uno influenzi l’altro. Quelle che commentano Last Words, prese dopo la morte di molti suicidi, sono tratte dalla serie “The Morgue” e appaiono assai più tragiche dei testi scritti:  lasciano infatti vedere, in tutta la sua disperata crudezza, la devastazione dei corpi che la vita ha abbandonato.

Maria Arcà

Maria Arcà ha svolto ricerche in Biologia Molecolare presso l'Università e il CNR di Roma. Dagli anni 70 si è interessata ai problemi cognitivi ed epistemologici dei bambini; ha svolto attività di aggiornamento per insegnanti della scuola di base, ha pubblicato articoli e testi in Italia e all’estero.  Nel 2000, ha partecipato alla Commissione De Mauro per la definizione dei curricoli di scienze e, nel 2012, alla revisione delle Indicazioni Nazionali per il Curricolo.

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