Leucemia: nuove speranze di cura con la terapia Car T

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(Credits: Pan American Health Organization/Flickr CC)

Nuove prove di efficacia per la terapia genica nella lotta ai tumori. L’innovativa terapia Car T (acronimo di Chimeric antigen receptor T cell) sembrerebbe essere efficace e sicura nel trattamento dei giovani pazienti affetti della leucemia linfoblastica acuta (Lla) delle cellule B, un raro tipo di tumore che spesso non risponde alle terapie tradizionali. A dimostrarlo sulle pagine del New England Journal of Medicine sono i risultati aggiornati dello studio Eliana, condotto in 25 centri di 11 paesi di tutto il mondo. Secondo i nuovi dati, il trattamento con il tisagenlecleucel, un innovativo farmaco oncologico (basato appunto sulla terapia Car T), sarebbe efficace e sicuro nei giovani pazienti fino ai 25 anni di età. Oltre a poter offrire una remissione della malattia duratura, la maggior parte degli effetti collaterali del trattamento sarebbero di breve durata e reversibili.

La terapia con il tisagenlecleucel (il cui nome commerciale è Kymriah), è stata approvata dall’agenzia statunitense Food and Drug Administration (Fda) lo scorso agosto, come trattamento per i pazienti dai 3 e i 25 anni di età affetti da leucemia linfoblastica acuta, che rappresenta l’80% di tutte le leucemie diagnosticate in bambini fino a 14 anni. Valutazioni sono in corso anche per nuove indicazioni (alcune forme di linfoma diffuso a grandi cellule B), sia per Fda che nell’Unione europea.

La terapia si basa fondamentalmente sul prelievo e la successiva modifica genetica dei linfociti T di un paziente per renderli capaci, una volta moltiplicati in laboratorio e re-infusi nel malato, di riconoscere e distruggere le cellule tumorali. La terapia, testata dai ricercatori dell’Università della Pennsylvania presso il Children’s Hospital of Philadelphia (Chop), ha dato finora esiti molto incoraggianti e promettenti. Ma i potenziali effetti collaterali non vanno affatto sottovalutati, in quanto possono essere anche fatali. Tra le complicanze più comuni, infatti, c’è la Cytokine release Syndrome (Crs) o “tempesta di citochine”: in poche parole, le cellule T modificate rilasciano citochine, molecole infiammatorie che possono provocare febbre alta, dolori muscolari, sintomi neurologici e problemi circolatori e respiratori, anche molto gravi.

Dai risultati del nuovo studio è emerso che dei 75 giovani coinvolti nello studio che hanno ricevuto una singola infusione del trattamento, 61 (ovvero l’81%) hanno raggiunto la remissione completa a tre mesi dall’infusione, mentre la loro sopravvivenza (senza recidive) è stata dell’80% a sei mesi e del 59% a un anno dal trattamento. La sopravvivenza di tutti i 75 pazienti, invece, è stata del 90% a sei mesi e del 76% a un anno dal trattamento. “Questo studio sulla terapia Car T ci fornisce un’ulteriore prova di quanto questo trattamento possa offrire benefici ai nostri giovani pazienti, rispetto a tutti gli altri trattamenti che si sono dimostrati fallimentari”, spiega l’autore principale dello studio, Shannon L.Maude, oncologo pediatrico del Chop. “I nostri dati mostrano che non solo possiamo ottenere una remissione duratura della malattia e una sopravvivenza a lungo termine per i nostri pazienti, ma che queste cellule personalizzate e antitumorali possono rimanere nel corpo per mesi o anche anni, svolgendo efficacemente il loro lavoro”.

Inoltre, in linea con le precedenti ricerche, l’effetto collaterale più comune si è dimostrato essere la Crs: quasi la metà dei pazienti ha dovuto riceve un trattamento in terapia intensiva per gestire i sintomi della Crs, ma gli effetti erano tuttavia curabili e transitori. “Una delle domande che ci siamo posti era proprio quella se fossimo capaci di gestire i gravi effetti collaterali della terapia”, ha spiegato il coautore Stephan A. Grupp. “Alcuni dei nostri pazienti si sono ammalati gravemente, ma abbiamo dimostrato che la maggior parte degli effetti tossici può essere di breve durata e reversibile, con la possibilità per i nostri pazienti di ottenere remissioni complete e durature. Questo è un cambiamento sorprendente per un giovane paziente grave che aveva finora poche possibilità di sopravvivere”. Il prossimo passo, concludono i ricercatori, sarà proprio quello di condurre studi clinici per riuscire a mitigare i gravi effetti collaterali.

Riferimenti: New England Journal of Medicine

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