L’Europa guarda al cielo

L’unione fa la forza, anzi la ricerca. Questo il messaggio centrale che emerge dalla due giorni di convegno sul ruolo delle infrastrutture astronomiche europee, ospitato il 6 e il 7 luglio al JIVE, il Joint Institute for VLBI in Europe, con sede a Dwingeloo, in Olanda. La sede non è casuale. Il JIVE, l’istituto che coordina il network europeo Very Long Baseline Interferometry (VLBI), ospita il cuore elettronico del più grande radiotelescopio del mondo, anche se usare il singolare non è appropriato. Non si tratta infatti di un solo telescopio per onde radio, ma di 16 centri europei e non, che, sfruttando il principio dell’interferometria, combinano i dati per formare un unico super telescopio di dimensioni continentali, in grado di fornire un’incomparabile risoluzione delle immagini, cinquanta volte superiore rispetto all’Hubble Space Telescope. Invece di costruire un’antenna chilometrica per ricevere segnali dallo spazio, si sfruttano tante antenne sincronizzate, che captano lo stesso segnale nello stesso momento. I telescopi si comportano come una singola antenna di diametro pari alla massima distanza delle antenne. Una mole di dati, proveniente dai vari centri sparsi per il mondo, correndo su fibre ottiche o spedita su disco magnetico, confluisce nel supercomputer olandese, che correla fra loro, a coppie, i segnali dei vari telescopi. L’impresa simula un po’ la visione da parte dell’occhio umano. Ogni antenna è come un occhio sul cielo. Due occhi vedono meglio di uno. Presi a due a due, i telescopi della rete VLBI, permettono di mettere a fuoco gli oggetti con la miglior precisione ottenibile al giorno d’oggi: la tecnica basata sulla interferometria ha permesso di seguire, con l’accuratezza del chilometro, la posizione della sonda Huygens, che al momento della discesa su Titano, una delle lune di Saturno, distava più di un miliardo di chilometri dalla Terra. Un esempio di come anche l’astronomia sia entrata nella sua era di “big science”: man mano che gli orizzonti della conoscenza del mondo si spingono verso oggetti sempre più lontani da noi nello spazio e nel tempo, alla scoperta di galassie e pianeti extra solari, di comete e buchi neri, sulle tracce del Big Bang e dell’universo primordiale di miliardi di anni fa, proporzionalmente aumentano le dimensioni e la complessità informatica delle strumentazioni che permettono agli astronomi di inseguire i loro obiettivi. Telescopi sempre più grandi, telescopi messi in rete fra loro, persino telescopi virtuali che consentono di ottenere immagini sempre più dettagliate del cielo che ci circonda. La ricerca in astronomia su grande scala. E si fa insieme. In termini più prosaici, questo significa che ha bisogno di forti investimenti. Per questo, nell’immediato futuro, il mondo scientifico guarda con attenzione al settimo programma quadro dell’Unione Europea, che stabilirà l’entità dei finanziamenti per il quadriennio 2007-2011. Nella crisi economica e politica, se non di identità, che l’Unione sta attraversando, le parole di Janez Potočnik, commissario europeo per la scienza e la cultura, presente alla conferenza di Dwingeloo, suonano illuminate e ottimistiche: “Credo fermamente che ricerca, tecnologia, educazione e innovazione siano la chiave per il futuro dell’Europa da molti punti di vista: crescita economica, occupazione, competitività, salute e qualità della vita. Il nostro proposito è duplicare il budget destinato a ricerca e sviluppo. Aumentare gli investimenti è il miglior segnale che vogliamo mandare per rassicurare gli europei sul futuro dell’Europa. Le infrastrutture nazionali e internazionali per la ricerca giocano un ruolo chiave nel generare conoscenza e rispondere a questa sfida”. La fiducia è ben riposta, e le infrastrutture astronomiche europee intendono dimostrarlo presentando sul tavolo più di una prova. Elencare tutti i progetti di astronomia in cui l’Europa si trova in prima fila è impossibile. Quello che conta è che i risultati di alto livello raggiunti in questo settore funzionino da motore propulsivo per i progetti, altrettanto numerosi e ambiziosi, in via di attuazione. Come la costruzione di un telescopio in fondo al mar Mediterraneo per lo studio i neutrini o di un nuovo telescopio ottico, l’Extremely Large Telescope, dal diametro di 100 metri, con il quale l’Eso, lo European Southern Observatory, intende raggiungere pianeti di altri soli e scoprire le stelle dell’universo che per prime cominciarono a brillare.

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