Categorie: Società

L’inganno delle immagini

Se dico “cavernicoli” a cosa pensate? Probabilmente a quelli esseri simili ai gorilla, pelosi, ingobbiti e violenti che agitano in aria minacciosamente una clava. Si, perché è così che erroneamente ce li immaginiamo. E non per la nostra fervida fantasia ma perché questa rappresentazione si basa su un disegno dell’inizio del Novecento fatto in seguito al rinvenimento del primo scheletro dell’uomo di Neanderthal. Peccato che quasi tutto di quell’immagine fosse falso. La postura curva, infatti, riguardava esclusivamente quello scheletro, appartenente a un uomo di trent’anni affetto da una grave artrite alle spalle e alla schiena. Che fossero pelosi poi non lo si può dire, dal momento che sono state rinvenute solo delle ossa fossilizzate. Ed erano violenti e simili ai gorilla né più né meno di molti nostri contemporanei. Questo è solo un esempio di come le immagini possano ingannarci e influenzare le nostre impressioni sul mondo fino a farle diventare universali.

Molte immagini, infatti, sono così radicate nella nostra coscienza collettiva da essere diventate vere e proprie icone culturali. Purtroppo, però, molte di queste sono fuorvianti e contribuiscono a formare idee sul mondo a volte difficili da correggere. E’ stato questo l’argomento di discussione di scienziati e intellettuali nel corso di una conferenza dal titolo “Immagine e Significato”, che si è tenuta al Massachusetts Institute of Technology (Mit) dal 13 al 16 giugno scorsi. L’iniziativa è stata lanciata per aiutare scienziati e comunicatori scientifici a sviluppare e migliorare i metodi di comunicazione e d’informazione scientifica attraverso le immagini. Ma anche per sottolineare il grande potere che hanno le immagini di distorcere la nostra percezione del mondo. Facciamo un altro esempio. Molti si saranno chiesti come è fatto un atomo. La sua rappresentazione più comune è quella di un nucleo con gli elettroni che gli orbitano intorno come fanno i pianeti con il Sole, introdotta da Niels Bohr. Ma quest’immagine, dicono gli esperti, è ritenuta scientificamente superata dal 1925, da quando cioè le teorie di Edwin Schrodinger hanno soppiantato quelle del fisico danese. Gli elettroni dell’atomo non possono essere individuati con esattezza nello spazio ma esistono solo in quanto funzione d’onda complessa che descrive la probabilità che si trovino in un dato posto. Le orbite quindi sono state sostituite dagli orbitali. Ma questa teoria non ha mai preso piede. Ormai era troppo tardi. Nell’immaginario popolare si erano radicate le orbite di Bohr.

Non bisogna pensare, però, che le immagini siano solo sinonimo di distorsione e inganno percettivo. Il sapere scientifico che arriva attraverso le immagini, infatti, può contribuire alla comprensione di alcuni concetti più di quanto non siano in grado di fare le parole. Consideriamo per un attimo le immagini della Terra scattate dagli astronauti dell’Apollo durante le missioni sulla Luna. Esiste una sola foto del nostro pianeta, effettuata durante l’ultimo viaggio della navetta spaziale nel dicembre 1972, in cui si vede tutta la Terra illuminata sullo sfondo buio dello spazio. A scattarla fu l’astronauta Harrison Schmitt durante il viaggio verso la Luna. In quell’occasione, per via dell’andamento delle orbite lunari, gli astronauti si trovarono alla giusta distanza dalla Terra per poter fotografare l’intero pianeta in un solo scatto e nella corretta posizione rispetto al Sole perché fosse tutto illuminato. Da allora questa foto, insieme a quelle della Terra che sorge vista dalla Luna, hanno influenzato in modo decisivo la psiche umana e il rapporto dell’uomo con il cosmo. In poche parole, quell’immagine ha modificato l’idea che gli esseri umani hanno del loro posto nell’universo. Questo caso, hanno detto gli scienziati, conferma il grande potere delle immagini di influenzare il modo in cui ricordiamo e pensiamo i concetti importanti. Per questo è importante fare attenzione a quali di queste diventano icone collettive e a recepirle nel modo giusto.

Roberta Pizzolante

Giornalista pubblicista dal 2005, è laureata in Sociologia e ha un master in "Le scienze della vita nel giornalismo e nei rapporti politico-istituzionali" conseguito alla Sapienza. Fa parte della redazione di Galileo dal 2001, dove si occupa di ambiente, energia, diritti umani e questioni di rilevanza etica e sociale. Per Sapere, bimestrale di scienza, si occupa dell'editing e della ricerca iconografica. Nel corso negli anni ha svolto vari corsi di formazione e stage nell'ambito della comunicazione (Internazionale, Associated Press, ufficio stampa della Sapienza di Roma, Wwf Italia). Ha scritto per diverse testate tra cui L'espresso, Le Scienze, Mente&Cervello, Repubblica.it, La Macchina del Tempo, Ricerca e Futuro (Cnr), Campus Web, Liberazione, Il Mattino di Padova. Dal 2007 al 2009 ha curato l'agenda degli appuntamenti per il settimanale Vita non Profit.

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