L’ultimo ruggito delle Leonidi

Anche quest’anno le Leonidi torneranno a solcare i cieli autunnali, sfrecciando alla folle velocità di 260 mila chilometri all’ora. E daranno luogo a una straordinaria tempesta di stelle cadenti, la più intensa di questi anni. Ma sarà l’ultima volta. Questo bizzarro sciame di meteore si prepara infatti al gran finale, regalandoci un grandioso fuoco d’artificio che concluderà la serie di piogge iniziata nel 1998, al passaggio della cometa Tempel-Tuttle. I calcoli di Donald Yeomans, del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, mostrano infatti che al prossimo ritorno, nel 2029, la cometa subirà un incontro ravvicinato con Giove, e a causa delle perturbazioni gravitazionali del pianeta gigante la sua orbita subirà uno spostamento. Così la Terra per un bel pezzo non incontrerà più le Leonini. Per rivederle, i terrestri dovranno aspettare fino al 2099. L’ultimo spettacolo celeste sarà ben visibile dall’Italia per circa due ore nella notte tra il 18 e il 19 novembre, con il massimo di attività dello sciame previsto per le 5:03, poco prima dell’alba. Per individuare il punto di origine delle stelle cadenti – detto “radiante” – occorrerà guardare molto in alto nel cielo, 70 gradi sopra l’orizzonte sud, verso la costellazione del Leone (da cui il nome Leonidi). Purtroppo la luna piena, bassa verso ovest, disturberà non poco le osservazioni.Le meteore Leonidi sono minuscoli frammenti della cometa Tempel-Tuttle, che ha un periodo di circa 33 anni. A ogni passaggio al perielio (il punto dell’orbita più vicino al Sole) la cometa, riscaldandosi, libera una densa nube di particelle di polvere che formano la sua chioma e la sua lunga coda. Le polveri tendono a rimanere indietro rispetto al moto della cometa madre, disponendosi in filamenti lungo la sua orbita o vicino a essa. Con il passare del tempo, gli effetti gravitazionali dei pianeti e la spinta della radiazione solare modificano la forma dei filamenti, che lentamente si disperdono occupando ciascuno una diversa regione di spazio intorno all’orbita della cometa. Se la Terra incrocia un filamento, le particelle che lo compongono vengono a contatto con l’atmosfera, bruciano e noi vediamo una pioggia di stelle cadenti. In altre parole, passiamo – devastandolo -attraverso il “guardaroba” di vecchie code della cometa, che a ogni ritorno ne “indossa” una nuova. Ciascun filamento può essere lungo diverse centinaia di milioni di chilometri, ma ha uno spessore di appena poche volte il diametro terrestre. Ecco perché di solito le tempeste di meteore durano solo poche ore, il tempo necessario alla Terra per attraversarne uno.La descrizione del fenomeno utilizza modelli matematici delle scie di particelle generate dalla cometa, e ha permesso di imparare molto sulle relazioni tra comete e sciami meteorici. Tanto da consentire agli astronomi di prevedere le grandi piogge di Leonidi del 1999, 2000 e 2001. “Mi aspetto che gli istanti previsti per la pioggia di quest’anno siano molto precisi, l’errore dovrebbe essere entro i dieci minuti”, dichiara Esko Lyytinen, esperto di informatica con la passione per la meccanica celeste e membro di Ursa, la principale società astronomica finlandese. Lyytinen è autore delle previsioni che hanno ottenuto il maggior successo per le piogge di Leonidi degli anni scorsi. “Quest’anno la Terra incontrerà due filamenti, quello emesso dalla cometa nel 1767, cioè sette rivoluzioni fa, e quello del 1866, vecchio di quattro rivoluzioni”, spiega Lyytinen. “Il primo produrrà un’attività altissima sull’Europa e l’Africa Occidentale, con un massimo fino a 3.500 meteore all’ora. E dato che la Terra attraverserà proprio la parte più densa del filamento, ci si può aspettare che sia ricco di meteore brillanti. Il secondo invece sarà osservabile dal Nord America sei ore dopo”.Le apparizioni delle Leonidi hanno accompagnato per oltre mille anni la storia dell’umanità. Sono state osservate da tutti gli angoli della Terra, come testimoniano le cronache a partire da quelle dello storico Eutychius di Alessandria nell’anno 901 fino ai giorni nostri attraverso i resoconti di cinesi, coreani, giapponesi, arabi, portoghesi. Gli indiani d’America ricordarono la grandissima pioggia del 1833 come “la notte in cui caddero le stelle”, e ancora nel 1866 le Leonidi seminarono il panico tra la gente ma lasciarono anche una traccia musicale nella canzone “Stars Fell on Alabama”. Ma la tempesta più violenta di tutti i tempi fu quella del 1966 quando le stelle caddero, questa volta sull’Arizona, al ritmo di 50 al secondo.

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