Società

Spazio, come preservare i siti dello sbarco sulla Luna

Ora che anche altre nazioni, oltre agli Stati Uniti e alla Russia, si approssimano a compiere lo sbarco sulla Luna – vedi la partenza del rover cinese Jade Rabbit, previsto in arrivo per la metà di dicembre – ci si domanda che fine faranno le tracce lasciate dai primi astronauti che hanno messo piede sul nostro satellite. Non solo: sulla Luna si trovano infatti diversi strumenti ancora attivi che devono essere preservati da eventuali danni. Il territorio lunare, in primo luogo, e spaziale, in generale, dovrebbe essere tutelato da trattati internazionali, che ne regolino anche lo sfruttamento, come si legge in un commento  pubblicato su Science dai ricercatori dello Space Policy Institute, alla George Washington University.

Il trattato Onu sulla Luna

Cominciamo col raccontare quel che è successo in passato. Il trattato delle Nazioni Unite “United Nations Outer Space traty (OST)” è stato stipulato due anni prima dello sbarco sulla Luna dei primi astronauti americani nel 1969. Tra le altre cose, questo documento stabilisce che il suolo dei corpi spaziali non è soggetto ad alcuna proprietà. Con questo non si voleva affatto impedire l’esplorazione di altri mondi, ma enfatizzare invece il libero accesso nello Spazio di tutta l’umanità cercando di favorire la cooperazione internazionale nell’esplorazione spaziale.

Dagli anni Sessanta lo scenario è cambiato. Adesso nazioni, come la Cina, e società private progettano missioni sulla Luna. Ora si è quindi davanti alla necessità di tutelare i siti storici. Nel luglio di questo anno, l’atto “Apollo Lunar Landing Legacy Act”, presentato al congresso degli Stati Uniti, ha proposto che i siti di atterraggio delle missioni Apollo e le strumentazioni degli Stati Uniti sulla Luna siano considerati alla stregua di parchi nazionali americani e quindi ricadano sotto la giurisdizione del Ministero degli interni degli Stati Uniti.

Tale atto costituisce però un’azione unilaterale per controllare parti del suolo lunare. Visto da un certo punto di vista, potrebbe anche essere interpretato come una dichiarazione di sovranità sul suolo lunare, in contrasto con il precedente trattato OST e che quindi rischia di avere ripercussioni anche sulle politiche internazionali.

Come tutelare la memoria storica dello sbarco sulla Luna e delle prime missioni

Secondo Henry R. Hertzfeld e Scott N. Pace, gli autori del commento, sarebbe auspicabile che gli Stati Uniti intraprendessero un’altra via per ottenere lo scopo desiderato. In primo luogo, sarebbe necessario distinguere tra gli oggetti, tra cui anche gli strumenti lasciati sulla Luna, e il territorio, che essi occupano. In secondo luogo, sarebbe desiderabile ottenere un riconoscimento internazionale, e non unilaterale, di tali siti. Il suggerimento è che gli Stati Uniti e la Russia stipulino un accordo bilaterale, che possa essere esteso a tutte le altre nazioni, in primis alla Cina, che desiderino intraprendere missioni sulla Luna e che desiderino anche lasciare lì degli oggetti.

Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.1243607

Credits immagine: Johan J.Ingles-Le Nobel/Flickr

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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