Avete un po’ di soldi da parte e state pensando di comprare una nuova casa per le vacanze, o magari un pezzo di terra? Perché, invece, non compare, a prezzi stracciati, un acro di Luna? Il prezzo, almeno secondo i siti dei venditori di terreno lunare, è di appena €21 ad appezzamento.
Scherzi a parte, molte grandi società, imprenditori e persino politici stanno cominciando ad interessarsi al nostro satellite e alle sue risorse, finora rimaste intatte. La Russia, per esempio, sta già progettando una colonia abitata da esseri umani per il 2030 e una società giapponese avrebbe intenzione di costruire un anello di pannelli solari attorno al satellite, e di spedire l’energia così raccolta alla Terra. Ma senza regolamentazioni e norme, c’è il rischio che sul nostro satellite abbia luogo una nuova, extra-planetaria corsa al vecchio West.
Come spiega Saskia Vermeylen della Lancaster University, quando gli Stati Uniti affrontarono per la prima volta questo problema, all’inizio degli anni Cinquanta, essi premettero molto affinché lo Spazio fosse riconosciuto come risorsa globale, e quindi appartenente a tutti allo stesso modo. In questo modo, nessuno aveva diritto ad appropriarsi di alcuna parte di esso. Questo principio è stato in seguito ribadito nell’Articolo II dell’Outer Space Treaty del 1967, che proibisce esplicitamente la sua appropriazione da parte di una nazione tramite sovranità od occupazione. Finora, questo principio è sempre stato accettato senza alcun problema: nessuno infatti si è mai lamentato che i vari atterraggi sui satelliti o sugli altri pianeti del Sistema Solare infrangessero la propria sovranità (la sovranità viene esercitata da uno stato su un territorio, ossia un pezzo di terraferma delimitato da confini stabiliti da contratti bilaterali tra gli stati).
Questo divieto però vale anche per l’appropriazione privata? Alcuni avvocati esperti in materia sostengono infatti che sarebbe più giusto se i diritti di proprietà nello Spazio fossero assegnati in base alla giurisdizione, invece che alla sovranità territoriale (basterebbe quindi occupare un appezzamento di terreno al di fuori dell’atmosfera per impossessarsene, senza bisogno di stabilire contratti con altri stati). Di fatto, l’appropriazione privata non viene mai esplicitamente proibita nell’Articolo II. Proprio per questo, il divieto è stato reso molto più esplicito nel Moon Agreement del 1979, che è stato tuttavia firmato solo da 16 nazioni, nessuna delle quali coinvolta nell’esplorazione spaziale con equipaggi umani.
Tutto questo, ovviamente, in teoria. Per ora, la difficoltaà di accedere fisicamente alla Luna dovrebbe proteggere il satellite dall’appropriazione dei privati, ma ancora per quanto? Come ben sappiamo, la tecnologia progredisce rapidamente.
Tanto per fare un esempio, verso la fine degli anni 90, SpaceDev (acquisita nel 2008 dalla Sierra Nevada Corporation) aveva in programma di far atterrare dei robot su un asteroide per condurre esperimenti e rivendicarlo come proprietà privata. Il progetto, di fatto, non è mai stato attuato a causa della mancanza di fondi, ma ha ripresentato il problema. D’altronde, se una sonda sottomarina con una telecamera era tutto quello serviva per rivendicare la proprietà di un relitto, perché una sonda spaziale non sarebbe dovuta essere abbastanza per appropriarsi di un pezzo di terreno nello Spazio?
Infine, nonostante la proprietà legale della Luna, o di Marte, sia proibita, l’appropriazione di materiali provenienti da essi è un problema completamente diverso. Sembra infatti che gli imprenditori potrebbero rivendicare il diritto di sfruttare tranquillamente le risorse naturali presenti nel Sistema Solare e nel resto dello Spazio.
Riferimenti: Lancaster University
Credits immagine: Luz Adriana Villa A./Flickr CC