Uomini e lupi, la convivenza è possibile

lupo
(Credits: Gabriele Cristiani)

Lupus in fabula. Ma, soprattutto, sempre più vicino ai centri abitati. O almeno questa è la percezione diffusa. Ma quanto c’è davvero di nuovo e minaccioso nella convivenza tra essere umano e lupo? Dopo anni di declino, grazie alle azioni di conservazione messe in atto dagli anni ’70, il lupo ha ricolonizzato naturalmente diverse aree montuose e collinari. Sul territorio italiano si stimano ad oggi più di 1550 individui. Questo ha portato il lupo ad essere effettivamente sempre più diffuso nelle aree antropizzate, creando non pochi problemi con le popolazioni umane non più abituate alla presenza del predatore, avvistato anche in prossimità dei centri abitati, come avvenuto nelle scorse settimane vicino a Cuneo. Sono quindi necessari sempre più accurati piani di gestione per migliorare la convivenza tra lupo e essere umano. Senza inutili conflitti, perché una convivenza pacifica è possibile.

Ne sono convinti gli scienziati, che oggi e domani ne discuteranno a Ferrara all’interno della II edizione delle Giornate tecniche del GLAMM (Group for Large Mammals Conservation and Management). “In quest’epoca di espansione, non solo dell’essere umano, ma anche dei grandi mammiferi è fondamentale conoscersi e rispettarsi per evitare conflitti – spiega Laura Scillitani, biologa della fauna selvatica e membro del consiglio direttivo del GLAMM – Questo convegno nasce con l’obiettivo di affrontare diverse problematiche sia dal punto di vista dell’uomo che degli animali. Ad esempio, non bisogna solo preoccuparsi di evitare che il lupo attacchi il bestiame, ma anche di come una cattiva percezione di questo animale possa favorire fenomeni negativi, come il bracconaggio e l’ibridazione col cane”.

(Credits: Gabriele Cristiani)

Un lupo sempre più “urbano”

Vicino e pericoloso. Così viene ritratto – spesso non a ragione – il lupo. Che sia più vicino però, non è solo una percezione, come spiega Luigi Molinari, zoologo del LIFE M.I.R.CO-Lupo, progetto che ha come obiettivo quello di minimizzare l’ibridazione lupo-cane. “L’aumento recente delle popolazioni di lupo ha fatto sì che i nuovi individui non trovino più spazi nelle aree un tempo considerate più idonee già occupate da altri individui. A questo va aggiunto che i lupi riescono a reperire cibo facilmente, da spazzatura o carcasse, vicino ai centri urbani o negli allevamenti. Non va poi dimenticato che la presenza in città di cinghiali facilita l’ingresso dei lupi nelle aree urbane”. Lo dimostrano anche i diversi avvistamenti dei cittadini – tra gli ultimi, quelli di due lupi che vagano vicino ai centri abitati di Bormio e Città di Castello – che sono stati però generalmente “tranquilli”: i cittadini riescono a filmare gli esemplari senza problemi e non c’è stato nessun attacco all’essere umano. Eppure, il lupo continua a far paura. Almeno sulla stampa. Lo suggerisce uno studio preliminare che verrà presentato al convegno di Ferrara, in cui è stata fatta un’analisi qualitativa su 238 articoli di testate locali e nazionali riguardanti gli avvistamenti di lupi, cinghiali, cervi, daini, orsi e caprioli. Il risultato? In Italia il lupo è spesso identificato come pericoloso, ma soprattutto perché viene presentato in un’ottica negativa nei diversi articoli e non perché vi siano reali incidenti o attacchi.

Ibridazione e bracconaggio: le vere minacce per il lupo

La cattiva percezione del predatore minaccia la sopravvivenza del lupo. I cacciatori infatti vedono i lupi come dei competitori e questa forma di conflitto spesso può portare al bracconaggio. “Si stima che i lupi vittime di bracconaggio sul territorio italiano siano circa il 20-25% della popolazione. Ma va considerata una percentuale di sottostima poiché i dati ufficiali sono pochi”, riprende Molinari. Ma il bracconaggio non è l’unica minaccia per la sopravvivenza del lupo. “L’ibridazione lupo-cane minaccia il patrimonio genetico del predatore selvatico. I cani vengono spesso lasciati liberi e sono frequenti, soprattutto in alcune regioni, gli accoppiamenti tra cani e lupi – va avanti l’esperto – L’accoppiamento che preoccupa di più a livello di conservazione è quello tra cane maschio e lupo femmina poiché i piccoli allevati dalla lupa potrebbero poi più facilmente accoppiarsi con altri lupi selvatici. E questo potrebbe produrre un flusso di geni domestici nella popolazione selvatica”.

Il progetto WolfAlps per i lupi alpini

La paura e la vicinanza dei predatori da un lato e le minacce per il lupo dall’altro rendono così sempre più necessari interventi e misure per assicurare una convivenza pacifica per entrambi. Anche con questo scopo è nato per esempio il progetto WolfAlps (terminato nel 2018 e vincitore del primo premio nei LIFE awards di quest’anno), dedicato a monitorare le popolazioni del lupo nelle aree alpine al fine di migliorare appunto le politiche di conservazione e gestione di questa specie. I dati raccolti dal progetto parlano di una stima minima di 293 lupi (stime 2017-2018), presenti principalmente in Piemonte, contro i 157 esemplari stimati dopo il primo anno del progetto (2014-2015).

Il progetto ha puntato molto sulla comunicazione e l’implementazione di buone pratiche per favorire una maggiore conoscenza e tolleranza da parte dei cittadini e al tempo stesso tutelare gli animali. Per esempio, i primi a fare i conti con il ritorno del lupo sono stati senza dubbio gli allevatori che vedono in questo predatore una minaccia per il proprio bestiame. L’uso di cani da protezione ben addestrati è una delle migliori strategie per preservare pecore e capre senza provocare danni ai lupi. Il progetto WolfAlps si è impegnato a incrementare questa pratica, iniziata con successo dal Parco Naturale Orsiera Rocciavrè, in tutto l’arco alpino.

Sempre più diffuso in Italia, il lupo è spesso percepito come una minaccia per l’essere umano. Ma per gli scienziati una convivenza pacifica è possibile. Ma servono conoscenza e buone pratiche
(Credits: Gabriele Cristiani)

Tutte le Alpi per il lupo: il progetto WolfAlps EU

Ma gli spostamenti dei lupi non conoscono confini. Per essere efficaci, i piani di conservazione e gestione di questa specie richiedono quindi un coordinamento nazionale e internazionale, una collaborazione tra tutti gli Stati che si affacciano sulle Alpi. Con queste premesse è nato appunto il progetto WolfAlps EU che punta a proseguire i successi del progetto WolfALps. “Quello che vogliamo è essere ‘contagiosi’, fare in modo che gli strumenti che metteremo a disposizione vengano fatti propri e riproposti anche nei luoghi che non sono direttamente toccati dal progetto, da enti e istituzioni che non sono partner. Per esempio, le squadre di pronto intervento per le emergenze in alpeggio vogliono essere un modello replicabile dappertutto e così il programma dedicato ai ragazzi per farne dei difensori della biodiversità a partire dal lupo puntiamo a che coinvolga tutte le Aree Protette delle Alpi”, spiega Francesca Marucco, referente del Centro Grandi Carnivori della Regione Piemonte.

Il progetto LIFE WolfAlps EU nasce dalla collaborazione di 19 tra enti e istituzioni di Italia (13 partner), Austria (2 partner), Francia (2 partner) e Slovenia (2 partner). Una squadra che, grazie a un finanziamento di 11 milioni di euro, si impegna a gestire fino al 2024 la presenza del lupo sulle Alpi. Le Aree Protette delle Alpi Marittime, beneficiario coordinatore di LIFE WolfAlps EU con circa 2 milioni di euro, hanno previsto di dedicare il 45% del budget per il supporto agli allevatori e per l’acquisto di sistemi di prevenzione (in genere per il lupo si parla di reti elettrificate a basso voltaggio o l’uso di cani da protezione). Le risorse rimanenti sono destinate ad azioni di comunicazione, educazione ambientale, ecoturismo e monitoraggio.

(Credits immagine di copertina: Gabriele Cristiani)

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