Matematica e regime, ecco la storia

Tra i due conflitti mondiali il panorama storico-politico, come non era mai successo prima, si riflette e si ripercuote sulla ricerca scientifica. L’esempio più emblematico, nonché il più abusato, è rappresentato dalla fisica nucleare, che fu decisiva nel determinare le battute finali della Seconda guerra mondiale con i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki. Ma cosa dire della matematica? La scienza astratta per eccellenza, fatta di ragionamenti astrusi senza apparente attinenza con la realtà, si è mantenuta forse pura ed estranea alle vicende che scuotevano l’Europa? Questo libro ci racconta i rapporti tra matematica e regime fascista. Ci presenta personaggi del calibro di Volterra, Enriques, Levi-Civita, Severi, Picone, Tonelli, che hanno lasciato in eredità a schiere di matematici a venire teoremi fondamentali dell’analisi, della geometria, della fisica matematica.

Matematica e regime

Ma di là dei risultati che hanno ottenuto, riportati sullo sfondo, chi erano e quali rapporti hanno avuto con il regime di Mussolini? Gli autori, entrambi docenti di matematica con una decennale esperienza nella divulgazione e nell’editoria di storia della matematica, ripercorrono gli anni Venti e Trenta, attraverso la ricostruzione delle vicende umane e delle posizioni politiche di uomini che, lungi dal restare indifferenti al potere, confinati negli studi universitari a meditare su numeri e formule, prendono parte attiva ai cambiamenti del paese.

Incontriamo matematici che esprimono a gran voce la propria adesione al fascismo, come Severi e Picone, altri che dichiarano la propria opposizione senza esitazioni, come Levi-Civita e Volterra, una figura, questa, che spicca sulle altre per la sua integrità, per lo spessore intellettuale, l’impegno pubblico e politico. Scopriamo matematici che in cambio del proprio appoggio o del tacito consenso alle direttive del Duce ricevono riconoscimenti morali, economici, professionali, e quelli che non scendono a patti, rifiutando qualunque forma di compromesso. Fino a leggere l’elenco, agghiacciante, dei matematici allontanati per questioni di razza dall’incarico accademico che ricoprivano da una vita, perché erano ebrei. Siamo nell’autunno del 1938, quando in Italia furono introdotte le leggi antisemite.

La scienza pratica

Nel ventennio fascista nascono diverse importanti istituzioni scientifiche: il Centro Nazionale delle Ricerche (Cnr), l’Unione matematica italiana (Umi), l’Istituto nazionale di statistica (Istat), l’Istituto nazionale per le applicazioni del calcolo (Inac), l’Istituto nazionale di alta matematica (Indam). La storia dei rapporti tra matematica e regime si dipana anche attraverso le cariche istituzionali che si susseguono nei vari enti (specchio abbastanza fedele della riverenza al potere) e nell’orientamento, volto a esaltare l’aspetto pratico e applicativo in luogo delle elucubrazioni teoriche, che il fascismo cerca di imporre alla ricerca scientifica, e in particolare alla matematica.

La cornice più ampia in cui si colloca “Matematica in camicia nera” è la spinosa questione del ruolo dello scienziato nella società, del rapporto non sempre facile tra cultura e potere politico. Se è vero, come affermano gli autori, che in Italia non si può propriamente parlare di una “matematica fascista”, è altrettanto vero che dopo il fascismo la figura del matematico è una figura radicalmente diversa da quella di inizio secolo. Perché la storia insegna. E aiuta anche a capire l’oggi: il percorso e i documenti riportati nel testo lasciano così al lettore materia in abbondanza per riflettere sulla situazione attuale.

Il libro

 Angelo Guerraggio, Pietro Nastasi, Matematica in camicia nera. Il regime e gli scienziati, Bruno Mondadori, 2005pp.280, euro 26,00

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