Metamorfosi meravigliose: considerazioni sul libro di Marco di Domenico

metamorfosi
(foto: Calvin Mano su Unsplash)

Una farfalla non è un bruco a cui spuntano le ali, ma un animale completamente diverso per morfologia, fisiologia, anatomia, ecologia ed etologia. Così scrive Marco Di Domenico, ricercatore in biologia animale e divulgatore scientifico, nell’introduzione al suo libro in cui descrive le trasformazioni che molti animali compiono nel corso della loro vita. Nelle metamorfosi che accompagnano la crescita, da uovo ad adulto sessualmente maturo, si cambia aspetto, alimentazione, ambiente… ed in ogni momento di questo percorso l’accordo tra le condizioni esterne e quelle interne consente la sopravvivenza o la morte. Fino a non molto tempo fa la diversità o la somiglianza morfologica nelle varie tappe della vita animale era sufficiente agli zoologi per mettere ordine tra le diverse specie. Di recente si è visto che questo criterio di classificazione non sempre  è supportato dagli studi in genetica: la derivazione da una specie da un’altra, messa in evidenza dalla cladistica, si basa infatti sulle analisi del DNA: mutazioni, ereditarietà, selezione naturale, costringono gli studiosi ad una continua revisione della sistematica zoologica.


Marco Di Domenico
Taccuino delle metamorfosi
Codice Editore, 2022
Pp 291, € 21,00

Anche per questo, alla meraviglia suscitata dal libro di Di Domenico che racconta gli straordinari cambiamenti dei viventi nei processi di metamorfosi è importante correlare una altrettanto profonda meraviglia relativa ai processi genetici che li sostengono ed alle attività molecolari che li determinano. In ogni momento dello sviluppo si attiva, infatti, una rigorosa sequenza specie specifica di cambiamenti morfologici e funzionali, condizionati dagli eventi che li precedono, dalle situazioni ambientali o dai processi di temporizzazione genetica. Così di volta in volta complessi  meccanismi di controllo funzionale sul DNA, attraverso il  silenziamento o l’attivazione di geni, permettono ogni sintesi  molecolare, ogni metamorfosi, ogni cambiamento di muta, ogni momento di crescita. E’ dunque l’espressione differenziata di uno stesso genoma a costruire le tante forme che si susseguono nello sviluppo embrionale di ogni vivente, e interverrà a definire le forme adulte, la produzione di gameti, la sopravvivenza. Larva e farfalla sono necessariamente uno stesso individuo, con uno stesso patrimonio genetico capace di esprimersi in modi diversi  nel tempo della vita, diversamente regolato nei processi di sviluppo che si susseguono nel tempo.

Il racconto di Di Domennico prende inizio guardando le metamorfosi delle specie più semplici. Alimentazione e riproduzione sono essenziali alla vita di tutti gli organismi e alla sopravvivenza delle specie: anche nelle 5.000 specie conosciute di Poriferi, dove la differenziazione tra le cellule è minima e manca qualsiasi tipo di apparato definito, si formano spermi e uova che, fecondandosi, danno origine a larve che  daranno origine a nuovi adulti spugne o si disperderanno nel plancton marino, diventando cibo per altri viventi.

Lo sterminio della “selezione naturale” ha certamente agito per miliardi di anni e su miliardi di organismi, dando solo a qualcuno la possibilità di sopravvivere in un ambiente e in condizioni che casualmente si accordavano, forse provvisoriamente, con la loro genetica. Ed è molto interessante notare, commenta Di Domenico, che la selezione deve agire con criteri diversi sulle forme larvali, che si sviluppano in  n ambiente in cui possono soddisfare le loro esigenze alimentari, o sugli adulti, con un corpo ed esigenze diverse, capaci di vivere in un ambiente adatto al loro nuovo modo di vivere e garantire la riproduzione. Infatti i bruchi sono essenzialmente degli apparati digerenti viventi, capaci di mangiare quasi ininterrottamente, a cominciare dallo stesso uovo in cui sono stati  rinchiusi. Nel corso della loro crescita, le mute si susseguono, regolate dalla produzione di ormoni tra cui l’ecdisone ma, quando il bruco è abbastanza grosso, cambia aspetto e lo stesso ormone avvia una trasformazione radicale che porta alla sua trasformazione  da larva in crisalide. Al suo interno avviene una vera rivoluzione: i suoi tessuti si sciolgono, ogni struttura sparisce, cellule indifferenziate iniziano ad aggregarsi per formare il nuovo corpo dell’insetto adulto, capace di riprodursi. E se quello che si vede da fuori è sconvolgente, ancora più sconvolgente è provare ad immaginare cosa succede a livello genetico: silenziamenti, attivazioni, controlli su sintesi proteiche che devono attivarsi o bloccarsi, nuovi geni trascritti, liberati dai blocchi molecolari che ne impedivano il funzionamento, micromolecole e ioni che costruiscono nuovi ambienti all’interno delle diverse cellule…  

Lo schema corporeo di un insetto disegnato su qualunque testo riporta le tre parti essenziali (capi, torace e addome) con un certo numero di appendici ( sei zampe, apparati boccali, occhi…). Di Domenico ci descrive non solo le metamorfosi di uno stesso insetto nel corso della sua vita ma anche quelle delle diverse specie nel corso della loro lunga evoluzione: così le larve di certi moscerini, i blefariceridi, presentano un corpo piatto, uncini e una fila di grandi ventose, ognuna in corrispondenza di ogni segmento addominale: tutti adattamenti ad una vita acquatica utilizzati dalle larve per non lasciarsi trascinare dalle acque veloci dei torrenti montani in cui vivono. E ancora una volta noi vediamo il risultato (temporaneamente efficiente) di mutazioni genetiche che forse, per stabilizzarsi, sono costate alle specie in evoluzione… milioni di morti.

Questi ed altri esempi dimostrano come le condizioni ambientali in cui le specie svolgono la loro vita ne modifichino caratteristiche importanti, e le attuali ricerche in epigenetica spiegano come proprio le caratteristiche dell’ambiente “costringano” il DNA a funzioni su cui interviene, in senso positivo o negativo, la selezione naturale.  Per esempio, la carenza di risorse alimentari può abbreviare la durata delle fasi larvali; talvolta impedisce la metamorfosi, permette di passare dalla riproduzione sessuata alla partenogenesi o alla pedogenesi; e analogamente i ritardo o gli anticipi dei cicli stagionali, delle fioriture o delle schiuse degli insetti modificano i comportamenti riproduttivi di molte specie.

Non si tratta di espedienti finalisticamente attuati dagli animali per sopravvivere, come talvolta la letteratura o il linguaggio inducono a pensare. Il genoma è soggetto alla casualità delle mutazioni, e la stretta relazione tra ogni individuo e il suo ambiente orienta, rende possibile o impedisce lo svolgersi della vita.

Entrando nel mondo dei parassiti le trasformazioni subite da non poche specie animali sembrano proprio inverosimili; ed anche queste  stupefacenti manifestazioni fenotipiche hanno dietro di loro altrettanto complesse modificazioni genetiche, rigorose selezioni, e forse… milioni di morti. Ci sono parassiti che assorbono i liquidi nutritizi dell’ospite attraverso la pelle, i rombozoi  cambiano ospite nel corso del loro ciclo vitale per stabilirsi nei reni di un cefalopode; le larve della Sacculina penetrano nel corpo dei crostacei e successivamente si radicano al suo interno per trovarvi nutrimento, lo Schistosoma invade con le sue larve gli esseri umani e infetta intere popolazioni diffondendosi attraverso le chiocciole di acqua dolce… La mancanza di rispetto per la nostra specie è veramente notevole ma… cosa può capire una Fasciola hepatica della nostra superiorità.

Per concludere, è interessante come sempre il problema del mimetismo, dove è difficile passare da un livello fenotipico ad una interpretazione genetica. Moltissime specie animali, spiega Di Domenico, imitano animali velenosi, sviluppando e presentando colori di avvertimento (aposematici) pur essendo innocui. In questo modo abbassano la probabilità di essere predati e,  perché questo funzioni, gli imitatori, i mimi, devono essere meno numerosi degli imitati, i modelli.  Ma non si tratta, come spiega Google, di vistose colorazioni utilizzate da certi animali allo scopo di avvertire i predatori del sapore disgustoso o della nocività delle loro carni.

E’ ovvio che nessun animale sa che sapore hanno le proprie carni, nè sa di che colore è o come viene visto da un altro animale, e non sa nemmeno come fare per cambiare i propri colori giusto per assomigliare ad un individuo velenoso e intimorire così eventuali predatori.

Ancora, alla meraviglia per il mimetismo sviluppato in natura come modalità di sopravvivenza potrebbe accompagnarsi la meraviglia per la complessità delle necessarie modalità di controlli molecolari sulla espressione del genoma e sulle sue modificazioni. Anche se il linguaggio naturale può suggerirlo, è difficile riconoscere quanto poco si può intervenire volontariamente sulla propria biologia, sui propri colori e sapori; e  quanto invece una genetica collaudata da miliardi di anni di interazioni con l’ambiente ci rende… proprio quello che ciascuno di noi esattamente è.

Credits immagine: Calvin Mano su Unsplash