Metti i dati nel dna

(Credits: Mehmet Pinarci/Flickr CC)

Preparatevi a dire addio ad hard disk, stato solido o schede di memoria. A risolvere il problema della conservazione dei dati a lungo termine ci penserà addirittura il dna. Non è un’idea nuovissima: da tempo, infatti, la comunità scientifica accarezza l’idea di usare il dna – che è a tutti gli effetti una memoria naturale – per immagazzinare grandi quantità di informazioni. E ora, finalmente, una coppia di ricercatori della Columbia University e della New York Genome Center è riuscita a dimostrarlo: i due scienziati, come raccontano su Science, sono riusciti a memorizzare sul dna diversi informazioni, tra cui un cortometraggio e un sistema operativo.

La tecnologia, in linea di principio, permette di massimizzare la capacità di memorizzazione del dna, considerato il sistema di archiviazione più affidabile ed efficiente, perché ultra-compatto e dalla durata virtualmente infinita. “Il dna non si degrada nel tempo come le videocassette o i cd, e non diventerà obsoleto”, spiega il coautore dello studio Yaniv Erlich.

Assieme al collega Dina Zielinski, Erlich ha scelto sei file da codificare, o scrivere, nel dna: un sistema operativo, un film francese, una gift card di Amazon da 50 dollari, un virus informatico, una targa Pioneer e le informazioni di uno studio del 1948. Come sono state memorizzate tale informazioni? Il processo, com’è facile immaginare, è piuttosto complesso. Per prima cosa i ricercatori hanno compresso i file e li hanno suddivisi in pacchetti binari più piccoli.

Servendosi di un algoritmo, hanno poi confezionato in modo casuale tali pacchetti in una serie di cosiddette goccioline, e successivamente associato gli uno e gli zero delle informazioni binarie contenute in ciascuna goccia alle quattro basi nucleotidiche del dna (A, G, C e T). In seguito, è stato aggiunto un codice a barre per ogni gocciolina per aiutare il futuro riassemblaggio dei file. In totale, è stato generato un elenco digitale di 72mila filamenti di dna, che è stato inviato in un file di testo a una startup di San Francisco, la Twist Bioscience, specializzata nel trasformare i dati digitali in dati biologici. Due settimane dopo, i due ricercatori hanno ricevuto una fiala con dentro un granello di molecole di dna: per recuperare i file, si sono serviti di una moderna tecnologia di sequenziamento per leggere i filamenti di dna e poi di un software per tradurre il codice genetico di nuovo in codice binario, recuperando così i propri file senza alcun errore.

I ricercatori hanno così dimostrato come la loro strategia di codifica è stata in grado di memorizzare e salvare, senza alcun errore, 215 petabyte di dati su un singolo grammo di dna. “Crediamo che questo sia il dispositivo di archiviazione dati a più alta densità mai creato”, spiega Erlich. Altro che memorie elettroniche.

Via: Wired.it

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here