Microbi per tutti i gusti

Idan Ben-Barak
Il regno invisibile. Nel misterioso mondo dei microbi
Edizioni Dedalo 2010, pp. 214, euro 15,00

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Noi non li vediamo, ma sono dappertutto e ne combinano davvero delle belle. I microbi, ci assicura Idan Ben Barak, sono essenziali per qualsiasi forma di vita, a partire dalla nostra. Senza di loro non potremmo compiere molte delle nostre funzioni vitali. Per cui dovremmo smetterla di considerarli soltanto come dei fastidiosi nemici da far fuori ricorrendo al disinfettante e, prima di tutto, imparare a conoscerli. Per microbi s’intende genericamente qualsiasi organismo che, se preso individualmente, è troppo piccolo per essere osservato ad occhio nudo. Si tratta di una famiglia molto numerosa, che comprende i batteri, detti anche germi, gli archei, che assomigliano molto ai primi organismi comparsi sul nostro pianeta, i protisti, tra cui troviamo muffe e alghe, e infine i funghi, che oltre ai funghi comunemente detti includono i lieviti. Di solito, comunque, la definizione di microbo si estende anche a ciò che si trova al confine estremo della vita, e innanzitutto ai virus, che non vengono certo trascurati dall’autore.

Idan Ben-Barak, oggi dottorando in storia e filosofia della scienza, con il regno invisibile si è guadagnato il premio dell’American Association for the Advancement of Science per il miglior libro di scienza per giovani. E non c’è di che stupirsi: lo stile di divulgazione è impeccabile, l’ironia davvero irresistibile. Perfino le note a piè di pagina, di solito cosi noiose, sono spumeggianti.    

Germi e virus si trasformano in eroi e supereroi che si comportano come i personaggi di un romanzo di avventura. Trasportati da una pagina all’altra incontrerete l’egoista e il gregario, il suicida e lo schizzinoso, il necrofilo e il cannibale. E poi ci sono quelli da record, come il Ceppo 121, che riesce a sopravvivere a temperature di 130° e che da quando è stato scoperto ha superato in classifica Pyrolobus fumarii, l’insolito inquilino delle fumarole nere. Il primato delle dimensioni spetta invece a Mycoplasma genitalium, che, fatta eccezione per i virus, è il più piccolo abitante del pianeta, mentre il più diffuso è Pelagibacter ubique: i suoi esemplari costituiscono li trenta per cento degli esseri viventi della terra e sono circa 1023. La medaglia d’oro al più simpatico, invece, dipende dalle vostre preferenze. In realtà ce n’è per tutti i gusti. A me è piaciuto molto il tardigrado, che sebbene sia microscopico, non è un vero e proprio microbo ma un organismo pluricellulare. E’ detto anche “orsetto d’acqua” perché con il suo incedere ancheggiante ricorda un orso, ma a differenza del suo omonimo di più grossa taglia respira attraverso la pelle e vive ovunque ci sia un po’ d’acqua. In effetti più che un orso vero e proprio, il tardigrado ricorda piuttosto le Gummi, le caramelle gommose a forma di orsetto. La sua principale peculiarità è che in condizioni ambientali svantaggiose, come per esempio in assenza d’acqua, entra in un letargo che può durare anche un centinaio di anni, durante i quali riduce praticamente a zero le proprie funzioni metaboliche entrando in uno stato simile alla morte. Non che fare lo zombie sia uno stratagemma poco diffuso tra i microbi. Al contrario, molti batteri per difendersi si trasformano in resistenti spore, riuscendo cosi a sopravvivere per lunghi periodi a condizioni ambientali avverse.

Gli espedienti che i microrganismi mettono in atto per sopravvivere e diffondersi a volte sono davvero sorprendenti. Pilobolus crystallinus, per esempio, che vive principalmente nello sterco di mucca, per passare da un mucchio di letame all’altro ha escogitato un trucchetto niente male: si trasforma in una spora e si riveste di una pellicola appiccicosa in modo tale che quando arriva una mosca subito le si attacca addosso e la sfrutta per i suoi trasferimenti. Insomma, Pilobolus utilizza i piccoli insetti volanti un po’ come se fossero degli autobus. Del resto anche lo starnuto è un mezzo di trasporto di tutto rispetto. “Lo Starnuti Airlines” ci spiega Ben-Barak “è sempre stata molto popolare tra i microbi: molto prima della comparsa dell’uomo i microbi schizzavano già da un apparato respiratorio all’altro, espulsi a forza da un animale per essere inalati inavvertitamente da un altro”. E voilà il raffreddore.

Ebbene sì, lo sappiamo tutti: virus e batteri possono comportarsi in modo subdolo, provocandoci ogni sorta di fastidi e malanni. Ma qualsiasi cosa facciano, è soltanto perché stanno portando tenacemente avanti il proprio progetto per la vita. Con il chiodo fisso di crescere e moltiplicarsi ne fanno davvero di tutti i colori: oltre a scroccare passaggi agli insetti e a prendere il volo in uno starnuto, si danno anche alla caccia in branco, se ne stanno acquattati nelle pance delle mucche, provocano le carie dei denti, e possono perfino scatenare delle terribili epidemie. All’indomani della scoperta degli antibiotici, uno dei problemi più spinosi che ci troviamo a dover affrontare riguarda la resistenza, ovvero la capacità sviluppata dai microbi di resistere a un certo antibiotico. Il punto è che più cerchiamo di difenderci dai microbi ricorrendo alle medicine e più i microbi impareranno a difendersi diventando resistenti ai nostri attacchi. E’ un circolo vizioso che richiederebbe maggiore informazione della cittadinanza e delle politiche sanitarie mirate. Prima di tutto sarebbe necessario un intervento legislativo che regolamenti e limiti il consumo di antibiotici specie negli allevamenti. Il novanta per cento, infatti, viene somministrato ad animali perfettamente sani per stimolarne la crescita e prevenire malattie. I microbi imparano a difendersi grazie alle “pompe multifarmaco” o “aspirapolvere molecolari”, delle speciali strutture proteiche che hanno la funzione di espellere le sostanze indesiderate dal corpo cellulare. In questo modo i microrganismi neutralizzano le armi che abbiamo affinato per sconfiggerli, noi ne cerchiamo altre e il ciclo ricomincia. Purtroppo per noi, loro sono molto più veloci dato che il passaggio a una nuova generazione avviene in appena venti minuti, mentre i tempi della ricerca, si sa, sono molto più lunghi.

Per fortuna, però non tutti i microbi vengono per nuocere. Senza i celebri Escheirichia coli che popolano il nostro intestino, per esempio, non potremmo digerire, e neppure le mucche potrebbero digerire l’erba se non ospitassero nella loro pancia intere squadre di batteri altamente specializzati. Se gettiamo un occhio al passato, inoltre, scopriamo che i microbi sono stati i primi pannelli solari, ovvero i primi a sviluppare i meccanismi fotosintetici che avrebbero poi fornito agli abitanti della terra la loro energia vitale. E’ però nel futuro che ci attendono le sfide più importanti. I microbi, infatti, potrebbero aiutarci a risolvere il problema dei rifiuti e dell’inquinamento, e potrebbero portarci sulla buona strada di terapie efficaci contro il cancro.

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