Ambiente

Milioni di tonnellate di plastica ogni anno nei mari

275 milioni di tonnellate. È la quantità di plastica prodotta nel 2010 nelle zone costiere della Terra, di cui tra i 4,9 e i 12,7 milioni di tonnellate sarebbero finite nei mari e negli oceani del nostro pianeta. I dati arrivano da uno studio coordinato dalla University of Georgia, che presenta una strategia per calcolare con precisione, e per la prima volta, la quantità di plastica immessa ogni anno negli ambienti marini a causa delle attività umane. Stando ai risultati, pubblicati su Science, se non si interverrà al più presto per migliorare lo smaltimento dei rifiuti nelle zone costiere la quantità di plastica nei nostri mari potrebbe aumentare di dieci volte entro il 2025.

L’utilizzo della plastica d’altronde è in continuo aumento sin dalla sua introduzione sul mercato, a partire quindi dagli anni ’30 – ’40, mentre gli sforzi per sviluppare sistemi di smaltimento efficaci sono cosa recente. Per questo gli scienziati cercano ormai da decenni di calcolare con precisione quante bottiglie, buste e bustine, giocattoli e rifiuti di plastica di ogni tipo si siano accumulati nei mari del pianeta. Non si tratta però di un compito facile.

“Fino a oggi ovevamo prendere una barca e andare a largo, lanciare una rete, e poi contare uno ad uno i pezzi di plastica raccolti”, racconta Kara Lavender Law, ricercatrice della Sea Education Association che ha partecipato al nuovo studio. “Si trattava quindi di un lavoro estremamente costoso, e laborioso”.

Il modello presentato su Science permette invece di semplificare notevolmente le analisi. I ricercatori hanno infatti raccolto i dati sui rifiuti prodotti dai 192 principali paesi costieri del pianeta (cioè che abbiano almeno 100 residenti entro 50 chilometri da un mare o un oceano), comparandoli poi con caratteristiche come la densità di popolazione delle nazioni, il loro status economico, e la loro capacità di gestire correttamente la quota di spazzatura composta di plastica. In questo modo sono riusciti ad arrivare alla prima stima realistica di quanta parte dei rifiuti plastici prodotti ogni anno finiscano nei mari.

I calcoli dei ricercatori hanno dimostrato che la quantità di plastica immessa in mare da una nazione dipende principalmente dalla sua densità di popolazione e alla qualità del suo sistema di smaltimento dei rifiuti, e hanno permesso di stilare una lista dei 20 paesi che inquinano di più gli ecosistemi marini. Una classifica dei cattivi, dunque, in cui l’Italia per fortuna non compare. Al primo posto troviamo infatti la Cina, con circa 1,3-3,5 milioni di tonnellate annue, seguita da diversi paesi emergenti di Asia,Africa e Sud America. A chiudere la classifica sono invece gli Stati Unti, da cui ogni anno finirebbero in mare circa 0,04–0,1 milioni di tonnellate di plastica.

Il totale, considerando tutti e 192 i paesi presi in esame, arriva ad una quantità compresa tra i 5 e i 13 milioni di tonnellate diplastica gettata in mare ogni anno. Numeri che cozzano con le stime precedenti realizzate da gruppi come il Sea Education Association, che parlavano di una quantità di plastica riscontrabile nelle acque di mari e oceani compresa tra le 6.350 e le 245.000 tonnellate.

“Questo studio ci da un senso di quanto ancora ci sfugga, e di quanta plastica dobbiamo ancora scovare negli oceani per arrivare al totale”, sottolinea Law. “Al momento stiamo raccogliendo dati solamente sulla plastica che galleggia nelle acque, ma deve essercene una quantità enorme sul fondo del mare, e sulle spiagge”.

Proiettando i dati emersi dal nuovo modello sui prossimi decenni, i ricercatori hanno calcolato inoltre che la quantità di plastica negli oceani continuerà ad aumentare velocemente, arrivando adecuplicarsi entro il 2025, e continuando a crescere ancora almeno fino al 2100.

“Stiamo venendo sepolti dai nostri rifiuti”, commenta Jenna Jambeck, ricercatrice della University of Georgia e principale autrice dello studio. “Il nostro modello permette comunque di proporre diverse strategie di intervento, come il miglioramento della gestione dei rifiuti solidi e la riduzione della percentuale di plastica che finisce nei rifiuti. Per arrivare ad una soluzione reale del problema però bisognerà coordinare gli sforzi sia a livello globale che a livello locale”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Timothy Townsend

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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