Nello scrigno del Imawarì Yeuta, le spettacolari grotte in quarzite scoperte nel 2013 in Venezuela, microbi sconosciuti generano depositi di silice opalina simili a quelli scoperti su Marte. E’ un colpo doppio quello messo a segno da un gruppo di ricerca internazionale e multidisciplinare guidata dal geologo e speleologo Francesco Sauro e dalla microbiologa Martina Cappelletti, entrambi dell’Università di Bologna. Studiando campioni prelevati nelle grotte venezuelane, i ricercatori hanno scoperto che la silice opalina è frutto dell’attività metabolica di complesse comunità di microbi mai osservati. Microrganismi capaci di vivere in un ambiente estremo, con pochissimi nutrienti organici, che potrebbero essere stati all’origine di analoghi depositi di silice scoperti su Marte.
Pubblicato su Scientific Report, lo studio nasce nell’ambito di una ricerca internazionale
In Sud America, tra Venezuela, Brasile e Guyana, si estende una vasta area di grandi montagne dalla cima piatta chiamate tepui. Il più noto di questi altopiani è lo Auyantepui, la “Montagna del Diavolo” da cui ha origine anche il Salto Angel, la cascata più alta del pianeta. Qui, nel 2013, un gruppo di speleologi dell’Associazione La Venta e del gruppo venezuelano Theraphosa ha scoperto il sistema di grotte di Imawari Yeuta, oggi considerato il sistema carsico quarzitico più vasto al mondo. Due anni fa, una nuova spedizione è riuscita a prelevare e riportare in superficie alcuni campioni di “speleotemi di silice”, depositi minerali unici nel loro genere, che fino a quel momento non erano mai stati osservati in dimensioni tanto grandi e varietà tanto numerose.
I campioni prelevati dai ricercatori nel corso dell’esplorazione sono stati sottoposti ad un approfondito studio geochimico e microbiologico, che ha fatto emergere alcuni elementi sorprendenti. “Con la nostra analisi – dicono Francesco Sauro e Martina Cappelletti – siamo riusciti a dimostrare che la formazione di questi depositi di silice opalina è dovuta a processi di bio-mineralizzazione, mai descritti in precedenza, attribuibili all’attività metabolica di comunità di microbi complesse, che variano e si modificano nel corso della trasformazione del quarzo in opale”.
Una scoperta, questa, che oltre a rivelare il ruolo inedito dei microrganismi nella formazione di questi depositi minerali, potrebbe avere inattesi risvolti extraterrestri. “Depositi di silice simili a quelli analizzati – dice Sauro – sono stati rilevati su Marte dal rover Spirit della Nasa: le analogie osservate potrebbero quindi fornire informazioni sullo sviluppo di comunità microbiche anche negli ambienti sotterranei di altri pianeti”.
Ma non è tutto. Lo studio dei campioni prelevati nel sistema di grotte di Imawari Yeuta, infatti, ha fatto emergere un’altra novità: la presenza in queste cavità di microrganismi fino ad oggi sconosciuti. Un’altra sorpresa che potrebbe rivelarsi particolarmente utile, in questo caso nel campo delle biotecnologie. “Essendo cresciuti in ambienti con scarsissime fonti di nutrienti organici – dice Martina Cappelletti – questi microrganismi potrebbero manifestare inattese capacità metaboliche: condizioni particolari che possono favorire la nascita di nuove molecole bioattive, utili per applicazioni biotecnologiche”.
Riferimenti: Scientific Reports; Università di Bologna
Credits immagine copertina: Vittorio Crobu/La Venta
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