Per la prima volta uno studio stima quante donne abbiano mai perso un figlio a meno di un anno di età in 170 Paesi nel mondo. E le differenze sono davvero enormi, tra Paesi che contano meno di 5 casi ogni 1000 donne e altri che ne contano più di 200.
A realizzare il modello, pubblicato sulla rivista BMJ Global Health, sono stati i ricercatori del Max Planck Institute for Demographic Research (Rostock, Germania) e del USC Dornsife College of Letters, Arts and Sciences di Los Angeles (Usa), che hanno utilizzato un approccio indiretto innovativo.
Mortalità infantile nel mondo
La ricerca è stata realizzata a partire da stime globali di mortalità infantile ottenute attraverso sondaggi tra donne di età compresa tra i 20 e i 49 anni in 89 Paesi tra il 2010 e il 2018. A questi dati, poi, i ricercatori hanno aggiunto le stime da altri 81 Paesi, ricavate attraverso un nuovo metodo indiretto, che ha consentito di allargare lo sguardo su scala globale. Approccio che considera i tassi di mortalità e fertilità ricavati da elenchi pubblici, spiegano gli autori.
Quello che gli scienziati hanno visto è che, nonostante il miglioramento delle condizioni di vita, le disparità in termini di mortalità infantile tra Paesi ad alto reddito e quelli a medio e basso reddito rimangono molto significative.
Disuguaglianze
Mentre in Paesi come Finlandia, Giappone e Spagna meno di 5 donne tra i 20 e i 49 anni su 1000 hanno mai perso un bambino nel primo anno di vita, ci sono ben 34 stati nel mondo (soprattutto africani) in cui il rapporto è di 150 su 1000, e altri 16 in cui è oltre 200 su 1000. In altre parole in questi Paesi una donna ha una probabilità 30-40 volte più alta di perdere il proprio bambino rispetto a una donna che vive nei 7 Paesi ad alto reddito primi in classifica.
Conseguenze ignote
Dati preoccupanti, secondo gli autori, anche perché i Paesi con la più alta mortalità infantile sono anche quelli dove è più difficile avere informazioni sulle conseguenze che la morte del bambino ha sulla madre. “Noi speriamo che questo lavoro serva a enfatizzare il fatto che gli sforzi per ridurre la mortalità infantile non solo migliorerebbero la qualità della vita e la sua durata dei neonati ma avrebbero un grosso impatto anche sulla vita dei genitori”.
Riferimenti: BMJ Global Health