Naturalisti in viaggio

Robert E. Kohler
All Creatures. Naturalists, Collectors and Biodiversity, 1850-1950
Princeton University Press 2006, pp.363, € 22,43

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L’età delle grandi spedizioni geografiche prese il via intorno alla metà del Quattrocento, e quei viaggi riportarono in Europa la conoscenza di nuovi continenti. Fu però solo dalla fine del Seicento che le spedizioni divennero momenti di ricerca scientifica. Dapprima, ci si portava a bordo delle navi un medico che nei momenti di ozio avrebbe fatto anche da naturalista. Poi, presero il via vere e proprie missioni scientifiche, con compiti ben precisi e l’investitura ufficiale dei governi. Per esempio, la Francia mandò degli scienziati sulle Ande per diversi anni per cercare di misurare con precisione le dimensioni della Terra.

Da queste spedizioni tornavano grandi quantità di esemplari di flora e fauna esotiche, da classificare, descrivere, conservare nei musei. Era questione di prestigio per le diverse nazioni: si allargavano i dominî coloniali, si scoprivano ricchezze naturali, si acquisiva influenza culturale. Ma la grande corsa alla raccolta fece il salto di qualità solo dopo che, con Linneo, la sistematica – la disciplina che si occupa di classificare le forme viventi – acquisì uno status scientifico: grazie al sistema proposto dallo svedese, infatti, la denominazione diventò più semplice e tendenzialmente univoca.

La tesi di questo libro di Robert Kohler (storico americano di grande valore) è che l’impresa linneana giunse al culmine solo a cavallo tra Otto e Novecento, quando tutto il mondo era un formicolio di spedizioni, di collezionisti, di carovane che portavano casse verso i musei europei e americani. In particolare, il libro si occupa del Nord America, e mostra un’interessante caratteristica del boom della storia naturale. Infatti, esso coincide con l’inizio del declino della natura selvaggia. Il grande interesse, anche da parte dei dilettanti, per i viaggi esplorativi e di collezione, si alimenta anche con la penetrazione dei mezzi di trasporto. La ferrovia, grande mito del progresso americano, porta in modo più semplice verso luoghi selvaggi, ma contemporaneamente li distrugge. Allo stesso tempo, si diffonde una “moda”, che porta quindi alla creazione e al potenziamento delle istituzioni dedicate alla storia naturale. E quindi nuovi musei, nuove spedizioni, nuove riviste: cultura che si diffonde a macchia d’olio, insieme alla consapevolezza di un importante patrimonio di biodiversità (anche se manca la protezione di essa).

Il libro di Kohler è suddiviso nei diversi momenti che le spedizioni si trovavano ad affrontare: dallo studio iniziale (e quindi della cultura più ampia in cui ci si avvicina all’attività esplorativa), passando per la ricerca di uno sponsor, l’organizzazione della spedizione, il lavoro sul campo, e terminando con lo studio degli esemplari raccolti. L’ultimo capitolo è invece il commiato: a metà del XX secolo le pratiche esplorative si modificano. I luoghi ignoti diminuiscono, e soprattutto si capisce l’importanza dell’osservazione negli habitat originali, necessaria per capire a fondo una specie e un ecosistema. Inoltre, i musei modificano la loro funzione: non più solo centri di ricerca, ma punti di diffusione di cultura scientifica, con una metamorfosi ancora in corso per lasciarsi alle spalle l’etichetta di “collezionista di francobolli” che il sistematico naturalista si trova appiccicata.

Il libro si avvale di una vasta bibliografia e di numerose illustrazioni, con l’unica pecca di essere esclusivamente centrato sulla storia americana. Rimane tuttavia molto interessante osservare come l’evoluzione scientifica sia legata a quella socio-culturale, in una dipendenza ineliminabile.

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