Che mani da artista quel Neanderthal

Altro che bruti e sgraziati: esiste una somiglianza tra le mani dei Neanderthal e quelle dei lavoratori contemporanei che svolgono mansioni di precisione, come sarti, calzolai, artisti. Questo sorprendente risultato, pubblicato su Science Advances si basa su analisi morfologiche e anatomiche delle mani dei Neanderthal. La ricerca arricchisce le nostre conoscenze sui Neanderthal e contribuisce a tracciare un quadro nuovo rispetto a quanto pensavamo di questa specie, estinta tra i 30 e i 40.000 anni fa.

Come già suggerivano le più recenti scoperte sulle capacità simboliche e artistiche dei Neanderthal, gli esperti sono sempre più sicuri che i nostri antichi cugini fossero dotati di abilità manuali fini, oltre che di un cervello evoluto in grado di formulare pensieri astratti. In passato però, la ricostruzione delle abitudini e delle capacità di Neanderthal, a partire dalle robuste ossa delle mani ritrovate dagli archeologi, aveva contribuito a tracciare il profilo di una specie che nella quotidianità si affidava principalmente alla forza e solo raramente alla precisione. Tuttavia, tale interpretazione è in contrasto con tutte le ultime prove archeologiche, che suggeriscono un comportamento culturale sofisticato da parte dei Neanderthal: sappiamo infatti che questi ominidi erano in grado di realizzare pitture rupestri e di scheggiare la selce, a scopo ornamentale o per creare strumenti di lavoro utili, per esempio, a spolpare le carcasse. Operazioni che richiedono mani agili e abili. Mancavano, però, prove concrete che mettessero in relazione abitudini culturali e caratteristiche biologiche.

Proprio questa misteriosa contraddizione ha ispirato il nuovo studio, guidato da Fotios Alexandros Karakostis dell’Università di Tubinga, in Germania. In una prima fase, i ricercatori hanno analizzato le entesi, ovvero i segni presenti sulle ossa in corrispondenza delle zone di giunzione tra tendini, muscoli e tessuto osseo, di due gruppi di lavoratori odierni. Il primo era formato da persone che esercitano molta forza con le mani, come gli operai edili, il secondo da sarti, calzolai, artisti. Tutte persone cioè che usano le mani per effettuare movimenti di precisione (e che richiedono invece poca forza).

Dai dati raccolti, grazie all’utilizzo di un innovativo sistema 3D, gli studiosi hanno realizzato un campionario di riferimento, che mette in relazione le caratteristiche delle entesi (e di riflesso dei muscoli delle mani) con le attività eseguite abitualmente dal singolo individuo. Lo stesso approccio è stato poi applicato ai campioni fossili di Neanderthal e di esseri umani arcaici ma con caratteristiche anatomiche moderne, dal tardo Medioevo al Pleistocene superiore. I fossili analizzati, provenienti da località in Europa, Asia occidentale e Nord Africa appartenevano in totale a sei individui, tutti ben conservati per quanto riguarda le ossa delle mani.

Il catalogo di riferimento, costruito sulla base delle mani degli uomini contemporanei, è servito da “mappa” per leggere la morfologia dei solchi rimasti sullo scheletro dei fossili, laddove dovevano trovarsi le giunzioni muscolo-tendinee. “L’analisi delle entesi sui reperti neandertaliani ha mostrato caratteristiche proprie di un uso della mano per movimenti di alta precisione. Al contrario, gli umani moderni arcaici riportavano i segni tipici sia dei movimenti di precisione sia di quelli che implicano l’uso della forza” hanno dichiarato i ricercatori.

È molto importante riuscire a ricostruire quali attività manuali fossero in grado di svolgere i Neanderthal, perché da queste informazioni discendono tutta una serie di collegamenti sulla produzione e l’uso di utensili e sulla loro cultura. Ecco allora che, grazie allo studio del gruppo di Karakostis, un altro tassello della storia e di quello che sappiamo sui nostri cugini neandertaliani sembra andare al suo posto. È vero che avevano mani dalle ossa grandi e forti, ma sapevano utilizzarle per movimenti che richiedono delicatezza e precisione, come dimostrano anche i ritrovamenti di manufatti e pitture rupestri a loro attribuiti.

Riferimenti: Science Advances

Valentina Caruso

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