Nel Dna del plasmodio

Il ciclo biologico del plasmodio, il protozoo responsabile della malaria trasmesso all’uomo dalla zanzara anofele, è ora più chiaro grazie a una ricerca condotta da ricercatori del Broad Institute, un ente di ricerca costituito nel 2004 che unisce il Massachussets Insitute of Technology e l’Università di Harvard negli studi genetici applicati alla medicina.

Lo studio, pubblicato su Nature, ha evidenziato come i geni del parassita si attivino e si disattivino durante il suo ciclo biologico che determina l’evolversi dell’infezione. Ciò è stato possibile misurando il livello di attività dei quasi 6mila geni che compongono il genoma del plasmodio su campioni di sangue di più di 40 pazienti provenienti dal Senegal. L’osservazione del parassita nel suo ambiente naturale, il sangue umano, seguita da un nuovo modello di analisi dei dati, ha consentito di rivelare aspetti genetici mai evidenziati finora dall’esame delle colture artificiali create in laboratorio.

Grazie all’uso di due metodi di calcolo innovativi, il primo già applicato per lo studio delle cellule tumorali e l’altro basato sul confronto con il genoma già ampiamente studiato del lievito del pane, i ricercatori hanno identificato tre differenti stadi del parassita: uno di crescita attiva, uno di inattività e uno di risposta a stress ambientali, probabilmente associato con la reazione dell’organismo umano all’infezione. Mettendo in relazione i diversi stadi con i sintomi del paziente si può interpretare il comportamento del parassita in risposta ai nostri meccanismi di difesa.

La malaria, insieme alla tubercolosi e alla sindrome da immunodeficienza (Aids), causa la metà delle morti annue per malattie infettive nel mondo. I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) riportano 300-500 milioni di casi ogni anno e un numero di decessi stimato tra  da 1,5 a 2,7 milioni. Il 90 per cento dei decessi avviene nell’Africa subsahariana, in cui la malaria costituisce la prima causa di morte, soprattutto nei bambini al di sotto dei 4 anni di età. I risultati della ricerca fanno nuova luce sugli aspetti più critici della biologia dell’organismo unicellulare responsabile della patologia: “Per la prima volta abbiamo osservato la biologia del parassita in uno dei suoi ambienti, l’uomo”, afferma Aviv Regev, uno degli autori dello studio. “Il nostro sistema unico di calcolo non solo è utile per capire il comportamento dell’agente patogeno della malaria, ma può essere applicato ad altri importanti microrganismi”. (s.s.)

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