Ecco dove nasce l’orecchio assoluto nel cervello di un musicista

orecchio assoluto
(Foto via Pixabay)

Mozart, Bach, Beethoven, ma anche artisti più recenti come Jimi Hendrix e Michael Jackson. Ad accomunarli è il sospetto che possedessero una caratteristica piuttosto rara (almeno tra i non addetti ai lavori): l’orecchio assoluto, la capacità innata di riconoscere ogni tono di una scala musicale senza bisogno di un’altra nota di riferimento. Come nasce un simile talento? Non è ancora chiaro, ma un nuovo studio, pubblicato su JNeurosci da un team di ricercatori dell’Università di York (a Toronto, Canada) ci offre un nuovo indizio: chi possiede un orecchio assoluto avrebbe infatti una corteccia uditiva primaria molto più estesa del normale. Frutto – almeno secondo gli autori della ricerca – di una genetica particolarmente favorevole.

L’orecchio assoluto, questo sconosciuto

Un particolare (il ruolo della genetica) che potrebbe sembrare scontato, visto che i geni determinano quasi ogni caratteristica del nostro organismo. Ma parlando di orecchio assoluto in realtà ci sono molte poche certezze: non è chiaro, ad esempio, quanto sia diffuso esattamente nella popolazione, né a che età si sviluppi, né se esista, o meno, una finestra temporale entro la quale un bambino deve essere esposto a qualche forma di insegnamento musicale perché sviluppi questa capacità. Le opinioni degli esperti a riguardo sono abbastanza varie, e qualcuno ritiene addirittura che l’orecchio assoluto potrebbe essere tutto sommato una capacità assolutamente normale, una dotazione standard della nostra specie che la maggior parte di noi perde durante la crescita, per mancanza di allenamento.

Che cos’è l’orecchio assoluto

Più chiaro, se non altro, è di cosa parliamo esattamente. L’orecchio assoluto viene definito come la capacità di identificare con precisione un tono musicale isolato, cioè senza basarsi su un’altra nota di riferimento. Chiunque abbia un’infarinatura di educazione musicale, infatti, può riconoscere senza troppa difficoltà un intervallo di note, e in questo modo ascoltando un do è semplice identificare un mi (la terza nota della scala di do maggiore) o un sol (la quinta), o anche intervalli meno utilizzati come la sesta (il la in questo caso) la nona (il re), e via dicendo. Sentire un suono isolato e riconoscerne esattamente la frequenza (cioè di che nota si tratta) è tutt’altra faccenda. Una capacità che persino tra chi si occupa di musica per professione risulta abbastanza rara (e certamente utile).

Osserviamo il cervello

Come ci si riesce? Per capirlo, i ricercatori canadesi hanno allestito un esperimento, coinvolgendo 20 musicisti dotati di orecchio assoluto, 20 musicisti privi di questa caratteristica, e 20 persone senza alcuna conoscenza musicale, da utilizzare come gruppo di controllo. Ai partecipanti sono state fatte ascoltare alcune sequenze di note musicali, mentre i ricercatori osservavano l’attività del loro cervello utilizzando una macchina per la risonanza magnetica funzionale. Concentrando l’attenzione, in particolare, sulla corteccia uditiva primaria, un’area del cervello che riceve le informazioni di tipo uditivo, ed è responsabile di identificare gli elementi fondamentali dei suoni, tra cui (appunto) la frequenza, da cui dipende l’intonazione di una nota musicale.

Tutta questione di corteccia

Comparando le immagini raccolte nei tre gruppi di partecipanti, i ricercatori hanno notato che i musicisti dotati di orecchio assoluto avevano una corteccia uditiva primaria più sviluppata sia rispetto ai non musicisti, sia in confronto ai musicisti normali. Secondo gli autori dello studio, la spiegazione più convincente è che l’orecchio assoluto sia legato a un incremento del volume delle regioni cerebrali in cui avviene il riconoscimento delle frequenze sonore, e che risulti da una maggiore interconnessione tra neuroni dedicati all’identificazione e alla codifica dei singoli toni musicali.


Come e perché abbiamo la musica dentro


Studiando il profilo dei partecipanti, inoltre, è emerso che circa il 20% dei musicisti con l’orecchio assoluto non aveva ricevuto alcuna educazione musicale prima dei sette anni, una finestra temporale che alcuni specialisti ritengono critica perché si possa sviluppare questa capacità. Un indizio che – a detta dei ricercatori canadesi – sembra indicare che sia la genetica, più che l’ambiente (l’esposizione alla musica prima dei sette anni, in questo caso) a svolgere il ruolo principale nello sviluppo dell’orecchio assoluto.

Riferimenti: JNeurosci

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here