Per un posto al sole

Una gigantesca migrazione di tutte le specie animali verso il nord del pianeta o la coltivazione della vite in paesi come la Scozia. Potrebbero essere queste, secondo l’opinione di parecchi studiosi, alcune delle conseguenze dell’aumento della temperatura media provocato dall’effetto serra. Ma uno studio pubblicato sull’ultimo numero di Nature annuncia che lo scenario potrebbe essere assai più intricato. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Leeds in Gran Bretagna, ha simulato in laboratorio diversi ambienti naturali con varie temperature, e ha osservato il comportamento di tre specie di Drosophila, il moscerino della frutta, e di una vespa parassita. La tesi degli scienziati inglesi è che a determinare la mappa degli habitat naturali e incidere fortemente sulla distribuzione delle specie sulla Terra non sia solo il clima, ma soprattutto le interazioni competitive tra gli animali, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Nel fare previsioni legate all’effetto serra bisogna dunque tenere conto di un insieme molto complesso di variabili, come ha spiegato Andrew J. Davis, uno degli scienziati di Leeds che ha partecipato alla ricerca, in questa intervista a Galileo.

Dottor Davis, quali potrebbero essere le conseguenze dell’effetto serra per gli animali, le piante e i loro habitat?

“Il riscaldamento globale potrà certamente modificare i luoghi dove gli animali e le piante possono vivere, e così cambiare l’aspetto e la produttività dell’ambiente. Ma non possiamo seguire un approccio troppo semplicistico come quello che prevede la distribuzione delle specie solo in relazione al cambiamento climatico. Questo approccio non considera le interazioni che ci sono tra molte specie né, ad esempio, l’incidenza delle malattie. Inoltre non tiene conto della dispersione delle popolazioni animali, cioè dello spostamento, attivo o passivo, di alcuni individui in habitat con climi diversi”.

Perché è importante il fenomeno della dispersione?

“Perché gli individui di una specie che, per via del clima, si spostano in ambienti con un clima diverso si trovano a interagire con altre popolazioni animali. Così una specie può venire sopraffatta da un’altra e la mappa degli habitat può rappresentare i luoghi in cui si sono rifugiati gli animali cacciati dai loro territori originari dalle specie concorrenti. Le interazioni competitive tra le specie possono causare la morte di individui anche in habitat il cui clima è ideale per loro”.

Ma si può prevedere come l’effetto serra modificherà gli habitat e inciderà sul numero degli animali, o i cambiamenti saranno così complessi da risultare imprevedibili?

“Inaspettati sì, ma non imprevedibili. Esistono infatti dei metodi, relativamente semplici, per esaminare che tipo di cambiamenti potrebbero intervenire, e di verificare se le previsioni siano plausibili. Questo è il lavoro che con i miei colleghi ci proponiamo di fare adesso”.

Le vostre ricerche potrebbero contribuire alla salvaguardia dell’ambiente e a pianificare l’agricoltura nelle nuove condizioni?

“Nel momento in cui pianifichiamo strategie per l’ambiente e per l’agricoltura dobbiamo tenere in considerazione l’interazione tra le specie e la loro dispersione. Non possiamo assumere, in termini semplicistici, che sarà possibile far crescere la vite, o il granturco, o qualsiasi altro tipo di raccolto, sempre più a nord in Europa in conseguenza dell’effetto serra. Per esempio, con il mutare del clima alcune coltivazioni certamente perderanno parte dei loro parassiti, ma se ne presenteranno ugualmente degli altri. Per pianificare in modo efficiente occorre dunque valutare l’importanza dei fenomeni di cui abbiamo parlato e sfruttare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione”.

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