Categorie: Società

Perché compriamo musica su iTunes

Milioni di anni d’evoluzione forse non avranno reso l’essere umano perfetto, ma perlomeno una qualità  l’hanno sviluppata. È l’amore per la musica, una passione che cambia da individuo a individuo. Ma cosa succede di preciso al cervello umano quando ascolta una canzone sconosciuta? E, soprattutto, cosa convince le persone a comprare quello stesso brano su iTunes? La risposta a questa domanda antropologica – ma anche commerciale – ha provato a fornirla uno studio pubblicato su Science.

È risaputo che ascoltare musica suscita piacere, ma il meccanismo che porta un utente a comprare online un brano inedito dopo pochi secondi di ascolto è del tutto sconosciuto. Ecco perché il team di ricerca coordinato da Valorie Salimpoor, psicologa presso la McGill University del Canada, ha cercato una potenziale correlazione tra la soddisfazione musicale e la predisposizione umana a investire piccole somme di denaro. Dai primi risultati sembra che l’interruttore del successo sia insito nella regione cerebrale del nucleus accumbens (Nacc).

I ricercatori sono arrivati a queste conclusioni analizzando l’attività cerebrale di 19 volontari (10 donne e 9 uomini) ai quali è stato chiesto di ascoltare 60 diversi brani musicali inediti in clip da 30 secondi ciascuno. I dati provenienti dalla risonanza magnetica funzionale (fMri) sono stati raccolti ed elaborati per scovare tutte le possibili correlazioni tra le aree del cervello e la volontà di investire denaro nell’acquisto di musica.

Infatti, i volontari ascoltavano le clip selezionandole da una interfaccia che riproduceva lo stile della piattaforma iTunes di Apple. Si trovavano di fronte, cioè, a un vero e proprio negozio online nel quale potevano fare offerte monetarie per comprare i brani musicali che più catturavano il loro interesse. Le cifre da investire erano divise in quattro categorie: 0.00 (non interessato all’acquisto), 0.99, 1.29 e 2.00 dollari.

In base a queste informazioni, l’équipe di Salimpoor ha individuato nel Naac l’area cerebrale maggiormente responsabile della correlazione tra soddisfazione e volontà d’acquisto. Quest’area avrebbe influito per circa il 33% sulla variabilità delle decisioni dei volontari che si apprestavano a comprare o meno i brani ascoltati. Tuttavia, non si tratta di un meccanismo “tutto-o-niente”, ma di un tassello che fa parte di un complesso circuito che coinvolge diverse aree del cervello.

Tra le altre aree coinvolte nel complesso sistema di “soddisfazione musicale” spiccano la corteccia prefrontale ventromediale, la corteccia orbito-frontale, l’amigdala, l’ippocampo, il giro frontale inferiore destro, la corteccia cingolata anteriore e settori delle zone somato-sensoriali e motorie. Inoltre, la natura e il funzionamento di questo circuito cerebrale variano fortemente da individuo a individuo. Tant’è che i 19 volontari hanno scelto di comprare brani completamente diversi l’uno dall’altro.

“Questi risultati ci aiutano a capire perché le persone amino generi di musica differenti”, ha detto Salimpoor. “Ogni persona ha una corteccia uditiva unica, formata sulla base di tutti i suoni e le melodie ascoltate durante il corso della vita. Inoltre, i pattern musicali che rimangono impressi potrebbero avere associazioni emotive pregresse”.

In conclusione, non esiste una ricetta del successo capace di convincere tutti a comprare un brano musicale. Certo, con il passare del tempo è sempre più comune il fatto che le nuove hit vengano scritte e musicate sulla base di canoni artificiali (vedi Galileo: La formula della canzone di successo). Tuttavia, più i gusti in fatto di musica vengono condivisi attraverso i social network, più le grandi aziende saranno in grado di tracciare un profilo dettagliato dei gusti di ogni potenziale cliente. Succede spesso così: là dove i segreti del cervello sono più intricati, arriva Internet a gettare un po’ di luce.

Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.1231059

Credits immagine: Peter Finnie and Ben Beheshti

Lorenzo Mannella

Si occupa di scienza, internet e innovazione. Laureato in Biotecnologie presso l'Università di Pisa, ha frequentato il master SGP in comunicazione scientifica presso Sapienza Università di Roma. Collabora con Galileo dal 2011. Scrive per Wired, Sapere e L'Espresso.

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