Perché dobbiamo proteggere gli insetti

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(Foto via Pixabay)

Tra qualche anno, gli insetti saranno, letteralmente, sulla bocca di tutti. Con una popolazione mondiale che toccherà quota nove miliardi nel 2050, è molto probabile che rimpiazzeranno la carne sulle nostre tavole. L’Europa non vuole farsi cogliere impreparata e già il prossimo anno l’Autorità per la sicurezza alimentare potrebbe dare l’ok al riconoscimento di alcune specie di insetti come novel food. Alleveremo grilli e cavallette? Forse, ma intanto dobbiamo preoccuparci di proteggerli.

Dimentichiamo per un attimo orsi, linci e lupi: ecologicamente parlando, ci sono insetti altrettanto importanti sotto scacco dell’essere umano. L’Europa lo sa e chiede ai suoi stati membri di tenerli sott’occhio mettendo in atto, se necessario, strategie di conservazione. Uno degli ultimi progetti che va in questa direzione è il Life MIPP (Monitoring of insects with public participation) in cui l’Europa ha investito quasi 1,6 milioni di euro contribuendo a mettere in moto una macchina di ricercatori, coordinati dal Comando Unità per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare Carabinieri (ex Corpo Forestale), alle prese con il censimento delle popolazioni italiane dei coleotteri Osmoderma eremita, Lucanus cervus, Cerambyx cerdo, Rosalia alpina e Morimus asper/funereus.

Questi insetti vivono nei boschi, in tronchi caduti a terra o nelle cavità dei vecchi alberi, e sono alla base della complessa rete di relazioni che sostiene l’ecosistema forestale. Per questo la loro scomparsa, un’eventualità concreta per via delle pratiche di gestione delle foreste che spesso, per motivi pratici o economici, prevedono la rimozione del legno morto o l’abbattimento degli alberi più vecchi, sarebbe una catastrofe ecologica.

Il censimento dei coleotteri è realizzato utilizzando metodologie che diventeranno protocolli ufficiali, cioè saranno Linee Guida a cui tutti i ricercatori che studiano queste specie dovranno attenersi. È inoltre il primo progetto di citizen science a esser stato finanziato dall’Europa: i cittadini contribuiscono alla raccolta dei dati di presenza dei coleotteri utilizzando l’applicazione MIPP appositamente sviluppata (con il GPS del telefonino acceso, basta scattare una foto all’insetto e inviare la segnalazione). I ricercatori validano le segnalazioni ricevute e le inviano al database del Network Nazionale per la Biodiversità del Ministero dell’Ambiente dal quale confluiscono infine nei rapporti europei. Dal 2012, sono arrivate quasi 1.700 segnalazioni, un contributo popolare importante che ha permesso ai ricercatori di disegnare un quadro più completo sulla presenza di questi coleotteri in Italia. E arriviamo all’ultimo aspetto innovativo del progetto.

Si chiama Teseo, ed è un Golden retriever che ha seguito un addestramento particolare. Invece di riconoscere esplosivi o sostanze stupefacenti, ha imparato ad annusare un insetto, quell’Osmoderma eremita che come dice il nome è piuttosto schivo e difficile da avvistare ad occhio nudo perché si nasconde nelle cavità profonde degli alberi ma emette un caratteristico odore di frutta matura. Ecco perché i ricercatori si portano Teseo nei boschi: con il suo fiuto, ogni volta che il cane riconosce l’odore del coleottero si siede, abbaia e segnala ai ricercatori la sua presenza. Teseo è un’altra prima volta, nel senso che è il primo cane addestrato in Europa alla ricerca di una specie animale da proteggere. L’idea è venuta ai ricercatori del MIPP guardando a un esperimento condotto in Nuova Zelanda dove alcuni cani sono stati addestrati con successo per la ricerca del kapoko, un raro uccello non volante. In Europa, invece, gli unici esempi di cani addestrati alla ricerca di insetti utilizzando i segnali che questi emettono riguardano esclusivamente casi di specie aliene e invasive introdotte in Europa dall’Asia.

Riferimenti: MIPP

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