Perché King Kong si è estinto?

Il Gigantopithecus è un antenato dell’orango, probabilmente la scimmia più imponente che abbia mai camminato sulla Terra, una sorta di King Kong. Alta fino a 3 metri e pesante fino a 500 chili, è vissuta in India, anche in Cina, Thailandia e Vietnam, e si è estinta 100.000 anni fa. La scomparsa di questo gigante ha da sempre suscitato grande curiosità fra i paleontologi, che hanno studiato a lungo la dieta del Gigantopithecus alla ricerca di indizi sul mistero della sua estinzione, senza però arrivare ad un accordo. Alcune prove erano a sostegno di una dieta vegetariana, altre di un’alimentazione carnivora, altre ancora suggerivano addirittura che la super-scimmia si cibasse esclusivamente di bambù.

Ora, uno studio condotto dagli scienziati del Senckenberg Center for Human Evolution and Palaeoenvironment di Tübingen e del Senckenberg Research Institute di Francoforte, pubblicato sulla rivista Quaternary International, sembra dirimere la questione: il Gigantopithecus era vegetariano (ma non si accontentava del bambù!) e viveva confinato nella foresta. Questa conclusione è stata raggiunta analizzando gli isotopi del carbonio nello smalto di denti fossili ritrovati in Cina e Thailandia, uno dei pochi resti dell’animale a disposizione dei paleontologi.

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I denti del Gigantopithecus esaminati nello studio. Credits immagine: Yaowalak Chaimanee

Ma  capito di cosa si nutriva, perchè questa scimmia si sarebbe estinta? Probabilmente, proprio a causa della sua enorme stazza. Hervé Bocherens, che ha coordinato il lavoro, ipotizza che il Gigantopithecus, necessitando di grandi quantità di cibo, si sia trovato in seria difficoltà durante il Pleistocene, quando ampie aree di foresta si trasformarono in savana, un ambiente per lui inospitale. Il suo parente prossimo invece, l’orango, pur preferendo la foresta alla savana è in grado di sopravvivere con poco cibo, modestia che gli ha permesso di sopravvivere nei secoli.

Riferimenti: Quaternary International doi:10.1016/j.quaint.2015.11.059

Credits immagine copertina: H. Bocherens

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