I personaggi scientifici più importanti del 2020

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(Credits: NIAID/Flickr CC)

Indubbiamente, questo 2020 è stato un anno molto diverso dal solito. Eppure, certe consuetudini non cambiano. Anzi, forse a maggior ragione hanno oggi più senso che mai: come sempre, Nature ha stilato la lista dei 10 personaggi scientifici più importanti dell’anno. Tanto, tantissimo spazio – e non poteva essere altrimenti – è stato dato alle personalità che si sono battute in prima linea per arginare la pandemia di Covid-19, da Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore della World Health Organization (Who), a Kathrin Jansen, responsabile dei vaccini per Pfizer, passando per Zhang Yongshen, lo scienziato che per primo ha sequenziato il genoma di Sars-Cov-2. Ecco tutti i protagonisti.

Tedros Adhanom Ghebreyesus, il capo dell’Oms

Ad aprire la classifica troviamo Tedros Adhanom Ghebreyesus, il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, che si è trovato all’improvviso a dover gestire la più grave crisi sanitaria mondiale degli ultimi cento anni. Ghebreyesus è un biologo eritreo: dal 2005 al 2012 ha rivestito l’incarico di Ministro della Sanità dell’Etiopia, riformando completamente il sistema sanitario del paese e migliorando l’accesso alle cure sanitarie per milioni di persone. Nel 2009 è stato eletto Presidente del Fondo Globale contro l’Aids, la turbercolosi e la malaria, e nel 2017 è diventato il primo direttore generale del Who proveniente dall’Africa.

Fin da subito, ha individuato cinque priorità per l’organizzazione: copertura sanitaria universale, emergenze, salute materno-infantile e degli adolescenti, conseguenze dei cambiamenti climatici e ambientali sulla salute e riforma della Who. Nel 2018 si è speso molto per contrastare un’epidemia di ebola in Congo, visitando più volte il paese e mettendo a rischio la sua stessa salute: grazie al pronto intervento dell’organizzazione, 300mila persone hanno ricevuto un vaccino. La sfida più grande, non ancora conclusa, è però naturalmente quella contro Sars-Cov-2: “La nostra priorità”, ha spiegato a Nature, “rimane in questo momento quella di combattere Covid-19, assicurandoci che tutte le nazioni abbiano accesso al vaccino”.

Verena Mohapt, alla ricerca degli orsi polari

Stacchiamo per un attimo gli occhi da Covid. E puntiamoli a Nord, molto a Nord. Verso l’Artico, per la precisione. Dove Verena Mohaupt, coordinatrice del Multidisciplinar drifting Observatory for the Study of Arctic Climate (Mosaic), dal 2019 studia sul campo gli effetti del cambiamento climatico sull’ecosistema polare. Rischiando in prima persona: nel 2019 ha trascorso mesi tra i ghiacci, nel lungo e buio inverno artico, con la sola compagnia di pochi colleghi e degli orsi polari. Ha progettato e tenuto un corso per aiutare gli esploratori a cavarsela in condizioni estreme, insegnando come scappare da un elicottero precipitato, affrontare le conseguenze psicologiche dell’isolamento, procurarsi del cibo e ripararsi dal freddo. E ha raccolto dati preziosissimi per comprendere e contrastare gli effetti del riscaldamento globale.

Gonzalo Moratorio, il cacciatore di virus

Gonzalo Moratorio è diventato una specie di eroe nazionale in Uruguay. Perché è stato fondamentale per aiutare il paese a mitigare le conseguenze più dure della pandemia. È un virologo del Pasteur Institute e della University of the Republic di Montevideo e, insieme ai suoi colleghi, ha progettato un test per il coronavirus e un programma nazionale per somministrarlo alla popolazione. Un’impresa che è stata fondamentale per contenere i focolai nel suo paese, che al momento è tra quelli che meglio hanno affrontato la pandemia: finora in Uruguay la conta delle vittime del coronavirus è ferma a 87 persone.

Sin dal principio, Moratorio ha dichiarato che l’unico modo per fermare i contagi è il tracciamento estensivo e l’isolamento dei positivi. E lo ha fatto per davvero, mettendoci del suo: dal momento che la disponibilità dei reagenti per i test scarseggiava, ha messo a punto un kit diagnostico molecolare semplice e affidabile, la cui produzione e distribuzione ha consentito al suo paese – almeno per il momento – di gestire la pandemia con risultati impressionanti.

Adi Utarini, dengue addio

Quarto posto per una battaglia contro una crisi sanitaria meno discussa ma non meno drammatica: la lotta alla dengue, una malattia che ogni anno colpisce quasi 400 milioni di persone, e ne uccide circa 25mila. La protagonista in questo caso è Adi Utarini, esperta di sanità pubblica dell’università di Gadjah Mada University, in Indonesia, che quest’anno ha coordinato un esperimento che ha ottenuto un calo del 77% dei casi di Dengue nella città di Yogyakarta. Utarini e il suo team hanno sviluppato un ceppo di zanzare particolarissimo, infettato con un batterio (innocuo per l’uomo) che impedisce agli insetti di trasmettere i virus, e le hanno rilasciate in alcune aree della città per verificare se, e quanto, aiutassero a ridurre i contagi.Si è trattato di un trial randomizzato e controllato, il golden standard per la ricerca biomedica, e ha dimostrato definitivamente che questo approccio è potenzialmente in grado di sconfiggere la malattia. In un’iniziativa simile, estremamente complessa sotto il profilo scientifico, Utarini è risultata fondamentale non solo per organizzare la sperimentazione, ma soprattutto per coinvolgere la cittadinanza e spingerla ad accettare di buon grado la partecipazione all’esperimento. E per questo motivo, Nature ha deciso di intestare a lei un risultato che potrebbe rappresentare l’inizio della fine della lunga battaglia contro le malattie virali trasmesse dalle zanzare, come la Dengue ovviamente, ma anche come i virus Zika e Chikungunya. Un tema su cui Utarini sembra abbastanza ottimista: “Penso che questa tecnologia potrebbe rappresentare finalmente un raggio di luce nel buio”, ha ammesso infatti la ricercatrice, intervistata da Nature.

Kathrin Jansen, la scienziata del vaccino

Ultimamente il re Mida nel campo dei vaccini è una donna. Parliamo Kathrin Jansen, direttrice del dipartimento vaccini di Pfizer, la mente che si cela dietro lo sviluppo lampo del primo vaccino a Rna della storia, e del primo vaccino contro Covid approvato da Fda (e presto probabilmente dall’Ema). È grazie alla sua energia, che molti dei suoi collaboratori descrivono come inarrestabile, che l’azienda è riuscita a prendere una tecnologia ancora sperimentale e mai approvata, quella dei farmaci a Rna messaggero, trasformarla in un vaccino funzionante, e svolgere i trial necessari per la sua approvazione in soli 210 giorni, tempi da record persino con le scorciatoie regolatorie messe in campo durante questa pandemia. Un talento, il suo, che arriva da lontano: nella sua lunga carriera, iniziata nei laboratori della Merck nel 1992, Jansen ha collaborato a realizzare e trasformare in blockbuster farmaceutici il primo vaccino contro l’Hpv (il Gardasil, secondo nella classifica dei vaccini più venduti nella storia, con quasi due miliardi di dollari di vendite solamente nel 2015) e del vaccino anti pneumococcico di Pfizer, il vaccino più venduto al mondo con quasi 7 miliardi di euro di guadagno nel 2015.

Zhang Yongshen, il primo a sequenziare Sars-Cov-2

La battaglia scientifica internazionale contro Covid-19 è cominciata ufficialmente la mattina dell’11 marzo, a Shanghai. In quel momento il virologo Zhang Yongzhen, dopo qualche giorno di esitazione, ha pubblicato online il genoma del virus che stava causando strane polmoniti a Wuhan. Il lavoro di Zhang ha mostrato al mondo che si trattava di un coronavirus simile a quello che aveva causato l’epidemia di Sars nel 2003, e ha consentito ai suoi colleghi di studiarlo estensivamente alla ricerca delle sue proteine chiave, dei suoi punti deboli e delle sue mutazioni per mettere a punto test diagnostici e cercare vaccini e trattamenti.

“È stato il giorno più importante dallo scoppio della pandemia”, ha commentato in proposito Linfa Wang, virologa della Duke National University of Singapore Medical School. Certo, non è stato semplice: il laboratorio di Zhang ha ricevuto un campione del patogeno il 3 gennaio, e lo stesso giorno il governo cinese ha promulgato il divieto assoluto di pubblicare informazioni sul virus. Dopo sole quaranta ore di lavoro, il team di Zhang ha capito che il virus era in qualche modo collegato a quello della Sars; ha quindi inviato i dati raccolti al National Center for Biotechnology Information (Ncbi) statunitense e, dopo la loro convalida, l’11 dello stesso mese, ha autorizzato la pubblicazione dei dati.

Chanda Prescod-Weinstein, la cosmologa della materia oscura

Il 2020 di Chanda Prescod-Weinstein non è stato niente male. Ha vinto due finanziamenti di ricerca, finito di scrivere il suo primo libro, cominciato a scriverne un altro. È diventata co-direttrice di un gruppo di scienziati che si occupa di scandagliare lo spazio alla ricerca di indizi che ci consentano di comprendere cosa sia e come sia fatta la materia oscura. E soprattutto ha avviato, insieme ad altri colleghi, lo Strike for Black Lives, un’estensiva campagna online per chiedere alle istituzioni di affrontare la questione del razzismo nella scienza e nella società.

L’idea, spiega Nature, le è venuta in mente parlando con Brian Nord, fisico del Fermi National Accelerator Laboratory di Bathavia, e con Brittany Kamai, della University of California, Santa Cruz: insieme, hanno dato il via a una risposta “senza precedenti” al problema del razzismo, che ha portato atenei ed enti di ricerca di tutto il mondo a prendere provvedimenti incisivi e risoluti per l’inclusione nella scienza, promuovendoli con gli hashtag #ShutDownStems, #ShutDownAcademia e #StrikeForBlackLives.

Li Lanjuan, la promotrice del lockdown

È il turno di Li Lanjuan, l’epidemiologa cinese della Zhejiang University, che agli albori di una emergenza sanitaria che sarebbe poi diventata mondiale ha consigliato al governo di chiudere la città di Wuhan, primo focolaio di coronavirus, per tentare di controllare la diffusione dell’epidemia. Li, classe 1947, è nata in una famiglia povera a Zhejiang, provincia orientale della Repubblica popolare cinese ed è oggi diventata uno dei simboli nazionali di questa pandemia.

Diventata nel 2003 direttrice del dipartimento sanitario dello Zhejiang, l’epidemiologa si era già fatta notare durante l’epidemia di Sars, quando reputò necessaria la quarantena per le migliaia di persone che avevano avuto contatti con i pazienti positivi alla sindrome respiratoria acuta grave (appunto la Sars). Il 18 gennaio scorso, Li Lanjuan, insieme ad altri esperti, è stata inviata a Wuhan per valutare la diffusione del coronavirus nella città e, riconoscendone l’elevata pericolosità, solo pochi giorni dopo convinse il governo ad attuare urgentemente (prima del capodanno cinese) una chiusura totale della città, un lockdown che avrebbe bloccato gli 11 milioni di abitanti della città. “Se l’infezione continua a diffondersi, anche altre province perderanno il controllo, come Wuhan”, aveva dichiarato l’epidemiologa lo scorso 22 gennaio in un’intervista rilasciata a una tv di stato cinese. “L’economia e la società ne soffriranno pesantemente”.

Il suo allarme contribuì in modo decisivo a imporre un lockdown che durò per ben 76 giorni. A partire dal 23 gennaio scorso, infatti, tutti gli spostamenti in entrata e in uscita da Wuhan furono bloccati e alle persone fu ordinato di rimanere nelle proprie case. Una misura drastica che si dimostrò essere una decisione fondamentale per controllare l’epidemia: secondo alcuni esperti, infatti, il lockdown è riuscito a ritardare la diffusione del coronavirus in Cina di 3-5 giorni, dando ad altre regioni il tempo di prepararsi.

Jacinda Andern, la risposta della politica alla pandemia

Jacinda Andern è il primo ministro neozelandese. Il 14 marzo, racconta Nature, “è salita su un pulpito, portando con sé qualche grafico e un messaggio per la sua nazione”. Sebbene in quel momento soltanto sei neozelandesi – tra l’altro tutti rientranti da viaggi all’estero – fossero risultati positivi al coronavirus, Andern annunciò una serie di misure molto rigorose per rallentare l’epidemia, tra cui l’autoisolamento di due settimane per tutte le persone che arrivavano da fuori, la chiusura dei porti marittimi alle navi da crociera e alcune restrizioni sui viaggi verso i paesi vicini: “Dobbiamo agire in fretta, e farlo in modo risoluto. Dobbiamo fare tutto il possibile per proteggere la salute dei nostri connazionali”.

E lo ha fatto con azioni concrete, oltre che con le parole: il governo di Andern ha stanziato circa il 20% del suo prodotto interno lordo per rispondere al Covid-19, più della maggior parte degli altri paesi. Il risultato, finora, è più che positivo: la Nuova Zelanda (che, va detto, gode certamente di alcuni fattori protettivi rispetto ad altre nazioni, essendo un’isola remota e scarsamente popolata) è riuscita ad affrontare con successo entrambe le ondate di Covid-19, con soli 2mila casi e 25 morti registrati.

Anthony Fauci, il baluardo statunitense

È stato capo dello Us National Institute of Allergy and Infectious Disease (Naid), e ha affiancato ben sei presidenti, fornendo la sua consulenza in merito di armi biochimiche e contenimento di focolai di hiv, ebola e zika. Oggi Anthony Fauci è passato agli onori delle cronache come “il dottore di un’intera nazione” in virtù del suo ruolo di consigliere del governo e comunicatore pubblico durante la pandemia da Covid-19.

Quando c’era da farlo, non ha esitato a schierarsi pubblicamente contro i deliri di Donald Trump, e nonostante il suo ruolo politico, racconta Nature, non ha mai smesso di lavorare sul campo, continuando a visitare in ospedale e a vedere i pazienti, “l’unico modo per conoscere la malattia per com’è veramente”. Tutti fattori che gli sono valsi – a buon diritto – la presenza nella classifica dei personaggi più influenti dell’anno.

Via: Wired.it

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Credits immagine di copertina: NIAID/Flickr CC