Tecnologia

Sostenibilità, il caffè si produce in cellule, pronto per la moka

Invece del caffè in chicchi, oggi arriva il caffè “in cellule”, prodotto senza le piante e già pronto per la moka. Non è uno scherzo: un gruppo della compagnia finlandese VTT Technical Research Centre of Finland ha appena realizzato un nuovo caffè sostenibile grazie all’agricoltura cellulare. Questa forma di agricoltura, lontana dalla definizione tradizionale, sfrutta tecnologie e tecniche di ingegneria e biologia molecolare per creare colture cellulari da cui ottenere prodotti come latte, uova e carne. Oggi è il turno del caffè, sempre più richiesto a livello globale e la cui produzione è associata a una crescente deforestazione, come avviene anche per altri alimenti, quali carne e soia. Il progetto è ancora in corso e i ricercatori hanno già generato le prime cellule di caffè, che hanno un profumo e un sapore simile al caffè tradizionale.

La produzione del caffè “cellulare”

L’agricoltura cellulare, come si legge in un articolo su Nature, punta a produrre materie prime a partire da cellule invece che da animali o piante coltivate. Ad esempio, per ottenere la coscia di pollo o manzo si parte da cellule del muscolo fatte crescere in laboratorio anziché dall’animale.

Il processo si basa sulla produzione di colture di cellule di caffè attraverso un bioreattore, dove hanno luogo reazioni che forniscono un ambiente adeguato alla crescita di organismi biologici. Prima si ricavano le prime linee di cellule in laboratorio dalle foglie della pianta del caffè e poi le si trasferiscono nel bioreattore.

Crediti: VTT Si ottiene la base della coltura

Per farle crescere si utilizzano un terreno nutritivo composto da cellule vegetali e anche microorganismi, come spiega Heiko Rischer, che guida il progetto. Questo terreno che alimenta la coltura cellulare sarebbe meno complesso e costoso di quello usuale. Dopo aver ottenuto la coltura ed averla analizzata, i ricercatori hanno avviato un processo di tostatura e un’indagine sul risultato finale. L’esame prevede test sull’odore e il sapore del caffè, che ricordano quello prodotto in maniera tradizionale.

Crediti: VTT La coltura cellulare ottenuta (in bianco) e poi tostata (a sinistra, in marrone)

Un primo passo verso un novel food

Si tratta di un primo passo, la base di un lavoro che sarà lungo, per approfondire e validare l’approccio. Ricordando che la produzione della bevanda è complessa ed è un lavoro – e “un’arte”, spiega Rischer – che prevede vari passaggi per la sua ottimizzazione. E che richiede la supervisione di specialisti all’interno di una squadra multidisciplinare. Al momento il prodotto è sperimentale e prima di essere immesso sul mercato dovrà essere studiato ancora. E poi dovrà ricevere, come tutti i nuovi farmaci e alimenti, un’autorizzazione da parte dell’autorità regolatoria, la Food and Drug Administration (Fda).

Il caffè di laboratorio rientrerebbe infatti nei Novel Food, i nuovi alimenti, di cui si sente sempre più spesso parlare, cioè non consumati e non presenti sul mercato. Fra questi sono al vaglio diversi insetti commestibili ed è già stata introdotta, ad esempio, la polpa disidratata del baobab (proveniente dal frutto di Adansonia digitata), naturalmente ricca di vitamina C. In questo caso il vantaggio e la novità riguardano la maggiore sostenibilità del caffè, la cui produzione è associata una sempre maggiore deforestazione, soprattutto delle foreste pluviali.

Il caffè in numeri

Il 60% delle aree idonee alla coltivazione di caffè, infatti, sono coperte da foreste, secondo il WWF. Se prima si coltivava ai margini delle foreste, oggi gli alberi vengono abbattuti. Ogni giorno si bevono 2,5 miliardi di tazze della bevanda e l’Europa è il mercato più grande. Si stima che la produzione di caffè dovrà triplicare entro il 2050 per soddisfare la richiesta globale. Meglio muoversi per cercare anche altre strade per rispondere a questa domanda e far fronte alle sfide poste dai cambiamenti climatici.

Riferimenti: VTT

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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