Una nuova protesi sensibile al tatto

(Credits: Mo/Flickr CC)

Ripristinare la sensibilità di un arto che non c’è più. È questo lo scopo della ricerca di un gruppo di scienziati dell’University of Chicago e della Case Western Reserve University, che hanno ricreato la sensazione tattile nelle protesi degli arti superiori. Ci sono riusciti mimando il naturale flusso dell’impulso nervoso che dalla mano arriva al sistema nervoso centrale.

Questo risultato, pubblicato su Science Translational Medicine, potrebbe portare un grande beneficio a chi ha subito l’amputazione di un arto ed è vincolato all’uso di una protesi per svolgere le azioni della vita quotidiana. Le attuali protesi, infatti, non ripristinano la sensibilità dell’arto mancante, il che rende difficile compiere gesti come dare un cinque, carezzare un viso, o stringere una mano. Poiché il tatto guida i movimenti degli arti superiori, queste azioni non sono soddisfacenti se la persona che le compie non avverte il tocco. “Perché una mano artificiale sia utile per un paziente amputato o tetraplegico, non basta prevederne solo il movimento. Dobbiamo anche pensare di ricreare il feedback sensoriale” spiega Sliman Bensmaia della Chicago University. “Per questo dobbiamo prima imparare quali segnali le nostre mani mandano al cervello, e poi dobbiamo provare a riprodurli il più fedelmente possibile”.

In passato, il gruppo di Bensmaia, che da anni lavora in quest’ambito di ricerca, aveva dimostrato come il sistema nervoso riconosce l’intensità del tocco di una mano. I ricercatori avevano scoperto che pressioni più forti sono codificate attivando più frequentemente un fascio di fibre nervose. Questa informazione è stata quindi sfruttata per costruire il nuovo sistema di stimolazione, testato con successo su due volontari.

Lo strumento stimola elettricamente i tre nervi che nel braccio trasmettono la sensazione tattile dalla mano al cervello. In pratica, quando la protesi avverte una pressione, essa attiva uno stimolatore portatile che trasforma il segnale in un impulso elettrico, la cui intensità e frequenza sono proporzionali alla pressione ricevuta. La macchina trasmette poi questo impulso al fascio di nervi attraverso fascette impiantate su di essi, e questi, a loro volta, mandano l’informazione al cervello (Figura 1).

Figura 1: Uno stimolatore elettrico genera un impulso che è trasmesso, attraverso la pelle, a fascette impiantate sui nervi del braccio. La stimolazione ricrea così le percezioni sensoriali della mano mancante.

La speranza è quella di migliorare sensibilmente il funzionamento delle protesi d’arto, dicono gli scienziati. “Questo risultato ci aiuta a capire come le persone sentono quello che hanno in mano, e questo ci permetterà di costruire protesi migliori” commenta Dustin Tyler della Case Western Reserve University. “Se il feedback ricevuto da una protesi è avvertito dal paziente come naturale, questi non dovrà più concentrarsi sull’arto artificiale e potrà operare più naturalmente”.

Riferimenti: Science Translational Medicine

Barbara Zambelli

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