Quando il medico sbaglia

Primum non nocere, dice uno dei precetti fondamentali della medicina. Ma nella realtà le cose non vanno sempre per il verso giusto. Ogni anno si stima che circa 32 mila persone muoiano in ospedale a causa di un errore medico. Cifra a cui si aggiungono 320 mila pazienti, il 4 per cento del totale dei ricoveri, che subiscono danni più o meno gravi alla salute. Un bilancio pesante, “un fenomeno che ha le dimensioni di una guerra”, come lo definisce il rapporto nazionale 2006 dell’Osservatorio terza età-Ageing Society, le cui cause vanno rintracciate in tanti fattori diversi e i cui effetti sono evidenti soprattutto in un dato: l’incremento del numero di denunce. Negli ultimi dieci anni le richieste di risarcimento per errore medico sono aumentate del 184 per cento, passando dalle 3.150 del 1994 alle 6.700 del 2002. Quelle a carico delle Asl e degli ospedali, pari a 5.100 nella metà degli anni Novanta, hanno segnato un più 31 per cento, arrivando all’attuale quota 6.700. A Verona, medici, avvocati, giuristi e assicuratori hanno affrontato il problema alla ricerca di possibili soluzioni, nel corso del convegno “La responsabilità professionale del medico” promosso dall’Ospedale Sacro Cuore Don-Calabria, con l’obiettivo di istituire un Osservatorio sulla materia. L’incontro è stato il primo passo per spezzare la spirale negativa nella quale restano imbrigliati non solo i pazienti, ma anche i medici, le strutture sanitarie, il personale paramedico e il mondo assicurativo. È un terreno minato per tutti. Perché se da un lato c’è il rischio del paziente di ricevere un danno, una diagnosi sbagliata, una terapia non corretta, dall’altro c’è il medico che, per distrazione, per negligenza, per l’obsolescenza dei macchinari e delle strumentazioni in uso, perché a volte il tempo per decidere è poco e le condizioni sono incerte, può sbagliare. Secondo l’Associazione Amami (Associazione medici accusati di malpractise ingiustamente) dopo vent’anni di attività l’80 per cento dei medici è accusato di errori di rilevanza giudiziale. I più esposti quelli che operano in ortopedia, oncologia, ostetricia, ginecologia , chirurgia e pronto soccorso. Anche se in due casi su tre le inchieste terminano senza conseguenze penali. In Italia, unica eccezione rispetto al resto d’Europa, il prezzo da pagare per un medico che commette un errore non si limita al risarcimento economico, ma può assumere connotazione penale. Non solo. Se la colpa riconosciuta è grave, l’ospedale non paga più e il medico deve sborsare di tasca propria cifre che possono diventare esorbitanti. La posta in gioco è alta. Al dottore conviene stipulare polizze personali di responsabilità civile, ma data la frequenza di errori, sempre più compagnie assicurative fanno marcia indietro: il rischio di perderci è evidentemente troppo alto.Per superare l’empasse, secondo Sergi Licheri, direttore generale dell’Istituto Superiore di Sanità, si dovrebbe superare l’approccio punitivo dell’errore e prendere esempio dal mondo anglosassone: “È molto facile di fronte a qualcosa che non ha funzionato limitarsi alla colpevolizzazione dell’operatore coinvolto, che è solo l’ultimo e più debole anello della catena. Ciò che serve è un sistema che renda possibile la rilevazione degli errori, in grado di prevenirli”. Inoltre, la preoccupazione di incorrere in problemi giudiziari spinge i medici ad operare scelte terapeutiche più caute, le meno rischiose per se stessi e non le più opportune per il paziente: è la cosiddetta medicina difensiva, che finisce solo per peggiorare le cose.Il risultato pesa sulle finanze pubbliche. Il danno economico degli errori in medicina, per il prolungamento dei tempi di degenza ma anche per gli inutili ricoveri o il ricorso a esami superflui, si aggira intorno ai 260 milioni di euro l’anno a carico del Sistema Sanitario nazionale. E a risentirne è anche l’opinione pubblica. L’ultimo sondaggio dell’Eurobarometro, infatti, rileva che il nostro paese registra uno dei più bassi livelli di fiducia nei confronti dei professionisti della sanità. Forse è da qui che dovrebbe partire l’attività di un Osservatorio sulla responsabilità professionale del medico. Per iniziare dal fondo a ricostruire questo rapporto che si è incrinato e nel quale tutti, medici e malati, si sentono parte lesa.

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