Ambiente

Quanta vita nella Fossa delle Marianne

Nel punto più profondo della Terra, nella Fossa delle Marianne, a circa 11 chilometri sotto il livello del mare, si nasconde una gran quantità di vita microbica, a dispetto delle condizioni ambientali estreme. A riportare alla ribalta il punto più nascosto dell’Oceano Pacifico, dopo l’impresa di James Cameron – che lo scorso anno si era inabissato in solitaria nella Fossa delle Marianne – è uno studio guidato da alcuni ricercatori danesi pubblicato su Nature Geoscience, che sondando i fondali con un robot hanno scoperto una sorprendente quantità di forme di vita sommerse.

“Di solito la vita diventa via via più scarsa man mano che si scende verso le profondità”, ha spiegato alla Reuters Ronnie Glud della University of Southern Denmark, a capo dello studio: “Ma quando si arriva in zone molto profonde, molte cose cominciano ad accadere di nuovo”. E così, a dispetto delle pressioni e dell’assenza di luce, ci si trova di fronte a un gran rigoglio di forme di vita batteriche, molto di più di quanto ci si sarebbe mai aspettato.

A scoprire la ricchezza biologica della Fossa delle Marianne – raggiunte da Jacques Piccard e Don Walsh già nel 1960 – è stato un robot spedito nelle profondità dal team di ricercatori internazionali, che ha prelevato alcuni campioni dal fondale, i quali, una volta analizzati, hanno mostrato di contenere microrganismi che consumano ossigeno (mentre ristretta è stata la presenza osservata della cosiddetta macrofauna). Ma non solo: l’attività di questi microrganismi è risultata maggiore di quella registrata a profondità più contenute, intorno ai 6mila metri.

La scoperta del team guidato da Glud si somma a quelle già raccolte negli anni passati, che avevano evidenziato ancora una volta come, a dispetto di quegli 11mila metri di profondità, anche la Fossa della Marianne sia colonizzata da forme di vita, capaci di sfidare il freddo, le pressioni elevate e l’assenza di luce, come precisa anche la Bbc.

Probabilmente la causa di tanta attività va ricercate in un fenomeno: la ricaduta di detriti (come pesci e piante morte) lungo le pareti della Fossa Della Marianne, dove rimangono via via intrappolati, che va a creare dei ricchi banchetti per una gran quantità di batteri che vi possono proliferare indisturbati. “La quantità di cibo laggiù e la relativa freschezza del materiale è sorprendentemente alta e sembra essere assai nutriente”, ha spiegato Robert Turnewitsch della Scottish Association for Marine Science, tra gli autori dello studio.

La ricchezza biologica evidenziata dai ricercatori non mostra solo l’adattabilità di forme di vita a condizioni estreme, ma suggerisce anche che il peso che la Fossa delle Marianne ha sul ciclo del carbonio e quindi sul clima è stato sottovalutato fino a oggi. “Il fatto che grandi quantità di materia organica si accumulino e siano concentrati in questi luoghi significa anche che si tratta di materiale che gioca un ruolo importante nella rimozione del carbonio dall’oceano e dall’atmosfera sovrastante”, ha continuato in proposito Turnewitsch.

La scoperta però non è importante solo da un punto di vista ambientale. Infatti i microrganismi che vivono a queste profondità potrebbero contenere enzimi utilizzabili in alcuni processi industriali che coinvolgano trasformazioni ad alte pressioni.

Via: Wired.it

Credits immagini: Kmusser/Wikipedia

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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