Ambiente

Quanti pesci ci sono nel mare? Ce lo dice l’IA

Quanti pesci ci sono nel mare? Rispondere a questa domanda è cruciale per il futuro dell’umanità e del pianeta. Le risorse ittiche rappresentano una importante fonte di cibo per gli esseri umani (non solo) e  la loro entità è un indicatore dello stato di salute degli oceani. Ma l’impresa non è semplice, perché si deve tenere in conto una la grande diversità degli ecosistemi e le interazioni fra essi e la pesca. Ma ora grazie all’intelligenza artificiale potremo riconoscere in modo automatico le diverse specie ittiche e sapere quanti pesci che abitano i nostri mari. Su Scientific Reports un team internazionale di ricercatori ha dimostrato che la computer vision e l’intelligenza artificiale possono rivoluzionare il modo in cui valutiamo l’abbondanza delle specie ittiche e le sue variazioni temporali.

Lo studio è stato coordinato dall’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Imar) di La Spezia e ha coinvolto l’Università Politecnica delle Marche, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), l’Università Politecnica della Catalogna ed il Consiglio superiore di ricerca scientifica spagnolo (Csic).

Quanti pesci?

“La tecnica messa a punto si basa su una metodologia di apprendimento automatico supervisionato, ovvero un insieme di processi matematici che permettono ai computer di imparare a riconoscere e contare in modo automatico individui fotografati nel loro ambiente naturale o in prossimità di strutture artificiali di osservazione”, spiega Simone Marini di Cnr-Ismar, coordinatore del team internazionale. “L’applicazione di questi algoritmi su migliaia di immagini dimostra come il metodo possa essere utilizzato per tracciare in maniera affidabile le variazioni temporali di abbondanza delle risorse ittiche in diverse condizioni operative. Abbiamo validato la metodologia su 22.000 immagini, contenenti circa 176.000 pesci, acquisite ogni 30 minuti, giorno e notte, per un periodo di due anni dall’Osservatorio marino Obsea posizionato al largo di Barcellona e gestito dall’Università Politecnica di Catalogna e dal Csic spagnolo”.

L’efficacia dell’algoritmo nel riconoscimento degli individui è stata validata dell’Università Politecnica delle Marche in collaborazione con Ispra tramite metodologie statistiche capaci di correlare le variazioni di abbondanza stagionali delle specie ittiche con differenti variabili biotiche ed ambientali.

(Foto: Cnr)

Nuovi strumenti per difendere la biodiversità

Una novità assoluta nel campo della tecnologia applicata alle scienze marine che aprirà nuove prospettive di esplorazione e di tutela degli ecosistemi. “Avremo la possibilità di analizzare in modo intelligente, continuo ed automatico grandi quantità di immagini subacquee, consentendo nuovi approcci anche alla conservazione della biodiversità”, aggiunge il ricercatore Cnr-Ismar. “Questa nuova metodica rappresenta un importante avanzamento per lo studio delle risorse e delle sue variazioni, applicabile ad una grande varietà di ambienti come: le aree marine protette, le zone costiere, le aree di mare aperto, sino alle zone più profonde degli oceani. La tecnologia è di particolare importanza anche per monitorare gli impatti antropici e le rapide conseguenze del cambiamento climatico”.

La nuova tecnica, già disponibile, permetterà di utilizzare al meglio le osservazioni provenienti dalle principali infrastrutture di osservazione degli oceani, consentendoci non solo di sapere quanti pesci ci sono in un determinato luogo e momento ma ampliando anche la capacità di osservazione e di monitoraggio dello stato di salute dei mari. “Se consideriamo l’enorme crescita del numero di telecamere subacquee installate negli osservatori costieri e profondi, distribuiti in tutti gli oceani del globo, possiamo immaginare il potenziale applicativo di questo avanzamento tecnologico”, conclude Marini.

Riferimenti: Scientific Reports; Cnr

Redazione Galileo

Gli interventi a cura della Redazione di Galileo.

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