Quanto ci costa l’inquinamento da mercurio?

Due milioni di bambini in Europa ogni anno sono esposti già in utero a livelli potenzialmente dannosi di mercurio, o più precisamente metilmercurio (MeHg), la forma in cui questo composto si trova nell’ambiente, e che influenza il loro quoziente intellettivo (Qi). Sono questi alcuni dei dati riportati da uno studio pubblicato su Environmental Health, in cui usando i risultati del progetto Democophes condotto in 17 paesi europei, i ricercatori hanno calcolato il costo, sociale ed economico, dell’effetto neurotossico di questo composto. E’ così emerso che in Europa limitare l’esposizione prenatale al MeHg potrebbe far risparmiare circa 10 miliardi di euro all’anno. 

“La maggior parte del mercurio che si trova nell’ambiente deriva dai combustibili fossili e viene accumulato nella catena alimentare da pesci e piante acquatiche”, spiega Philippe Grandjean dell’Institute of Public Health (University of Southern Denmark) responsabile dello studio: “sapevamo già che elevati livelli di MeHg influenzassero lo sviluppo del cervello soprattutto nel feto. Questo determina una riduzione del Qi e quindi scarso successo accademico e minore potenziale di guadagno”. Ciò che non era chiaro finora era l’impatto sociale ed economico degli effetti neurotossici di questo composto.

Nella loro analisi, i ricercatori hanno utilizzato i risultati del progetto Democophes, uno studio multinazionale che ha calcolato il grado di esposizione alle sostanze inquinanti presenti nell’ambiente, tra cui il MeHg, a partire da un campione di capelli ottenuto da 1.875 coppie di madri e figli in 17 paesi europei. Dai dati è emerso che circa 1.866.000 neonati in Europa ogni anno sono esposti a livelli di mercurio ambientale al di sopra del limite di sicurezza (0.58μg/g) e per 232.000 bambini le neurotossine sono addirittura cinque volte superiori, superando la soglia massima  stabilita dall’Oms (2.5μg/g).

Vivere in paesi europei diversi inoltre è risultato essere associato a rischi di esposizione diversa: i bambini nati in Spagna o Portogallo, ad esempio, erano più esposti rispetto a quelli nati in Ungheria (in Italia si stimano 380mila casi l’anno di neonati con esposizioni sopra il livello di sicurezza). Secondo gli autori esiste un trend evidente, che si muove dai paesi del nord-est dell’Europa, dove i valori di inquinanti sono più bassi, verso il sud dell’Europa dove le concentrazioni sono più alte, probabilmente a causa del consumo maggiore di pesci di grandi dimensioni tipico dei paesi mediterranei.

A partire da questi dati, e combinandoli con quelli già presenti in letteratura, i ricercatori hanno elaborato una stima del costo per la società, inteso come perdita di guadagno che un individuo subirebbe durante la sua vita a causa dell’esposizione prenatale alla neurotossina. Non sono state calcolate cioè le spese dovute ai problemi di salute, come distrurbi cardiovascolari, ma solo i potenziali benefici sfumati a causa dell’inquinante. 

Per farlo, lo studio quantifica l’intossicazione da mercurio, equiparandola alla perdita circa di 700.000 punti di Qi ogni anno. Traducendo questo numero in impatto economico sulla società – e assumendo sulla base di stime fatte per la Francia che l’esposizione prenatale al MeHg costi circa 17.363 euro per punto di Qi perso – il costo, inteso come benefici economici totali derivanti per la società, ammonterebbe a circa dieci miliardi di euro all’anno.

Grandjean, commentando i dati, ha infine aggiunto come potremmo cercare di limitare i danni: “La riduzione dell’emissione di mercurio a livello industriale rappresenta un passo importante per ridurre l’inquinamento ambientale a lungo termine. Tuttavia dato che la maggior fonte di MeHg per gli esseri umani è il pesce, è necessario intervenire sulle abitudini alimentari a livello di popolazione. In particolare sarebbe opportuno consigliare di ridurne il consumo, soprattutto alle donne in gravidanza”.

Riferimenti: Environmental Health doi:10.1186/1476-069X-12-3

Credits immagine: Wikipedia

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