Riscaldamento globale su Marte

Su Marte c’era acqua liquida in grandi quantità e in forma stabile. Alla nascita, il Pianeta aveva un clima umido e un’atmosfera mite: le condizioni essenziali, insomma, per ospitare forme di vita. Poi qualcosa è cambiato. L’aria ha cominciato a essere carica di zolfo, la pressione atmosferica è stata spazzata via e il clima si è fatto secco e inospitale come è oggi. E’ questa la storia evolutiva del pianeta rosso tracciata in base ai dati giunti dalla sonda Mars Express dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) dal team internazionale guidato da Jean-Pierre Bibring, astrofisico dell’Università di Parigi. Come raccontato su Science dai ricercatori, tra cui gli italiani dell’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario (Ifsi) dell’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf) di Roma, dell’Ias-Inaf di Roma e dell’Università di Lecce, le analisi di alcuni depositi di minerali rilevati dallo spettrometro Omega (Observatoire pour la Minéralogie, l’Eau, les Glaces et l’Activité) hanno permesso di ricostruire la successione delle ere geologiche e climatiche di Marte. Che sul suolo marziano potesse esserci stata acqua liquida non è una novità. Lo facevano intendere le tracce di antichi percorsi di fiumi e, di recente, la scoperta di ghiaccio d’acqua al polo sud del Pianeta. Eppure, secondo gli studiosi, intorno ai 3,5 miliardi di anni fa il clima cambiò radicalmente. La prova è fornita proprio dai minerali rinvenuti. “Omega ha mappato più del 90 per cento della superficie marziana rilevando la presenza di due tipi di minerali idrati: i filosilicati e i solfati”, spiega Giancarlo Bellucci, ricercatore dell’Ifsi/Inaf e membro del team. “Essi si formano in modo e tempi diversi, così la loro datazione, insieme a quella del conteggio dei crateri, ci ha permesso di tracciare una storia dell’evoluzione di Marte”. La prima era (il Noachiano) che va dalla nascita di Marte circa 4,6 miliardi di anni fa fino a 4 miliardi di anni fa, era caratterizzata da acqua liquida, che ha prodotto appunto i filosilicati. “Questi minerali, tra cui l’argilla, infatti, sono stati rinvenuti in terreni molto antichi. Per formarsi avevano bisogno di grandi quantità di acqua e in forma stabile, di una temperatura moderata e bassa acidità e questo lascia supporre l’esistenza di acqua liquida nel periodo primordiale del pianeta. È questa fase calda e umida che potrebbe aver favorito la nascita della vita”, spiega Bellocci. “I solfati invece hanno bisogno di poca acqua e molto zolfo: sono stati rilevati in depositi piccoli e sporadici e si pensa appartengano a un’era successiva”. E siamo così alla seconda era geologica, quella della svolta climatica di Marte. Coincide con l’Esperiano (compreso tra 4 e 3,5 miliardi di anni fa), ed era appunto caratterizzata da una maggiore acidità, che ha permesso la formazione dei solfati e segnato il passaggio da un ambiente umido a uno secco. Infine, l’ultima era (l’Amazzoniana), iniziata circa 3,5 miliardi di anni fa e ancora in corso, presenta rocce contenenti minerali ferrosi nella cui formazione in cui l’acqua ha avuto un ruolo solo marginale. Ma cosa ha prodotto il radicale cambiamento climatico di Marte? “Il passaggio da tanta acqua liquida nel Noachiano a poca acqua e grande presenza di zolfo sembra dovuto alla comparsa di attività vulcanica. I vulcani hanno immesso in atmosfera grandi quantità di anidride carbonica”, conclude il ricercatore. “Lo zolfo si è legato alle rocce dando vita così ai solfati. Inoltre tutto ciò è avvenuto in concomitanza con la perdita del campo magnetico di Marte circa 3,8 miliardi di anni fa, che ha fatto si che le radiazioni del Sole si portassero via tutta l’atmosfera nel corso dei millenni. Ecco perché oggi Marte non ha atmosfera e il suo clima non permette la presenza di acqua liquida”. Se sul pianeta poteva esserci vita, quindi, le prove della sua esistenza devono essere cercate nelle rocce più antiche. Le regioni che le ospitano sono già diventate l’obiettivo di future missioni spaziali: la Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa con lo spettrometro Crism (Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer for Mars) e il rover ExoMars dell’Esa, in programma nel 2011.

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