A partire dal 1 luglio ricercatori e tecnologi dell’ Infn, l’Istituto nazionale di fisica nucleare, dovranno timbrare il cartellino di presenza sul luogo di lavoro. Come qualsiasi altro impiegato. La decisione è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: chi dedica la propria vita allo studio non ne può più di trovare sulla sua strada inutili ostacoli. E’ stanco della burocrazia, ma anche della disorganizzazione all’italiana, della lentezza con cui si avviano le riforme più urgenti, dei dispersivi finanziamenti a pioggia, della scarsa considerazione politica nei confronti del mondo della ricerca, della mancanza di sistemi di valutazione seri sulla qualità dei lavori scientifici. E l’elenco delle “insofferenze” potrebbe continuare a lungo.
Per far sentire la loro voce, per dare argomenti di riflessione ai politici che si stanno occupando in questi mesi della riforma della ricerca, per uno scambio di idee tra i vari attori del mondo scientifico, ricercatori e tecnologi dell’Infn hanno organizzato l’8 giugno un convegno “Obiettivi, risorse e organizzazione della ricerca” all’Auditorium dei Laboratori dell’Infn di Frascati. Punto di partenza la riforma avviata dal ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica Luigi Berlinguer, raccontataci dallo stesso Ministro sul numero del 16 maggio del magazine, in cui grande importanza assumono i principi dell’autonomia, della competitività e dell’innovazione: ma in che modo saranno attuati? “La riforma in corso, che speriamo giunga a una conclusione entro la fine dell’anno, vede come protagonisti sindacati, politici, dirigenti degli enti di ricerca, consigli amministrativi”, dice Stefano Bellucci, rappresentante dei ricercatori del Laboratorio di Frascati, “ma finora non c’è stato un coinvolgimento diretto di chi effettivamente fa la ricerca e ne conosce le necessità organizzative, i metodi di lavoro e gli obiettivi”.
A Frascati ricercatori e tecnologi hanno chiamato a raccolta i colleghi del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell’Enea, i rappresentati dei sindacati e delle maggiori organizzazioni nel mondo della ricerca. “Chiediamo l’istituzione di un Osservatorio informale che segua e partecipi attivamente all’iter della riforma”, precisa Bellucci. “E quindi anche la costituzione di gruppi misti tra rappresentanti del Murst e ricercatori per attuare assieme un modello di valutazione dell’attività di ricerca”.
Sono quattro gli argomenti principali su cui gli scienziati e i tecnici dell’Infn desiderano focalizzare l’attenzione: la definizione degli obiettivi di ricerca; una maggior mobilità dei ricercatori associata alla crescita delle collaborazioni tra enti di ricerca, università e medie e piccole imprese; la valorizzazione dei risultati; la valutazione del processo di ricerca e degli obiettivi raggiunti. La ricerca italiana, a detta dei ricercatori stessi, ha inoltre bisogno di “idee giovani” per essere innovativa. E per questo c’è bisogno anche di strumenti di reclutamento più dinamici: lauree più brevi e dottorati veramente formativi, magari attraverso una maggiore collaborazione tra enti e università anche nell’attività didattica, e con contratti a termine per favorire l’accesso ai giovani oltre a un maggior coinvolgimento dell’industria.
Ma mentre i ricercatori discutono su come vorrebbero che fosse, la realtà a cui assistono è quella che li vede inquadrare in schemi sempre più rigidi. Sono numerose le lettere di protesta anti-cartellino inviate dalle diverse sezioni dell’Infn all’attenzione della dirigenza. I ricercatori e i tecnologi di Frascati ritengono che il cartellino sia “uno strumento burocratico del tutto sconosciuto nei centri di ricerca internazionali, assolutamente estraneo all’attività scientifica e che ne ostacola il regolare svolgimento”.
Per di più, il “cartellino” arriva proprio quando il nuovo contratto (siglato il 5 marzo ‘98 ma già scaduto il 31 dicembre ‘97) stabilisce una forte differenza rispetto al profilo del comune impiegato pubblico: si afferma, infatti, che i ricercatori e i tecnologi possono autonomamente determinare il proprio tempo di lavoro e possono autocertificare l’attività fuori sede. “Sappiamo che questo è un periodo di crisi”, conclude Bellucci. “Ma se controllare la spesa significa valutare come vengono spesi gli stipendi sulla base del cartellino, siamo davvero fuori strada. La valutazione deve essere fatta sulla base del lavoro svolto e degli obiettivi raggiunti. D’altra parte è la passione per la ricerca che ci spinge a lavorare anche la notte se e quando è necessario”. A dispetto di qualsiasi orario stabilito.